Il genocidio degli armeni
- Autore: Marcello Flores
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: il Mulino
- Anno di pubblicazione: 2015
Quel genocidio non c’è mai stato: contro ogni evidenza la Turchia continua a negare.
Un secolo ci separa dall’olocausto armeno e questa pagina è ancora cronaca controversa per la Turchia di oggi. Il tema torna di attualità nel centenario (il pogrom venne avviato dagli arresti degli intellettuali armeni la notte tra il 23 e 24 aprile 1915) e il prof. Marcello Flores ha ripreso una sua ricerca del 2005 per aggiornarla con numerose pagine inedite. A dieci ani dalla prima uscita, “Il genocidio degli armeni” è infatti tra le novità della Biblioteca storica il Mulino (348 pagine 25 euro), in nuova edizione 2015.
La pulizia etnica attuata in Anatolia contro questo popolo cristiano si è svolta in due fasi. Tra il 1894 e il 1896, fu il sultano Abdul-Hamid a scatenarla, per frenare dall’interno i disegni della Russia zarista di favorire la secessione dell’Armenia dall’impero turco. Riprese nel 1915-16, sotto il regime dei Giovani Turchi, con eccidi, deportazioni di interi villaggi e le famigerate marce della morte nel deserto, provocando secondo fonti neutrali lo sterminio di 1.200.000 uomini, donne, vecchi e bambini.
Come dimostrano le pesanti reazioni ufficiali del Governo di Ankara alle recenti parole di papa Francesco (È stato il primo genocidio del XX secolo), l’argomento in Turchia è ancora tabù. In quel Paese, per altri versi attento alle relazioni di buon vicinato e rispetto con l’Occidente, anche solo accennare al massacro degli armeni è un reato penale (denigrazione pubblica dell’identità turca), un’offesa al popolo. Semplici dichiarazioni, costarono la condanna dello scrittore Orhan Pamur, poi Nobel per la letteratura e il giornalista Hrant Dink venne assassinato a Istanbul, nel 2005, per articoli sul genocidio.
Un saggio storico ampio quello di Flores, docente di storia dei diritti umani nell’Università di Siena. Un volume consistente, corredato di 48 foto in bianconero fuori testo, alcune impietose, come quelle tratte dalla raccolta di Armin T. Wegner, militare tedesco di collegamento con le truppe ottomane nella prima guerra mondiale e testimone non reticente dell’orrore.
È ovvio che la più giustificata curiosità chieda le ragioni di questa pianificazione efferata di un massacro etnico, vistoso e documentato, che però vede gli eredi dei responsabili attestati su posizioni rigidamente negazioniste, nonostante sia passato un secolo.
Difficilmente la risposta può venire semplicemente dall’odio religioso - dei musulmani per i cristiani - come pure qualche ricercatore ha sostenuto. Nelle conclusioni di Flores, le spiegazioni vanno cercate nella sfera delle “emozioni” di un intero popolo. Significativo il giudizio dell’ambasciatore USA Morgenthau, che echeggia gli stereotipi dell’Occidente della sua epoca nei confronti dei turchi: inclini alla violenza perché tale è fondamentalmente l’Islam e perchè la predisposizione alla crudeltà è in qualche modo connaturata ai popoli primitivi... considerano con disprezzo le comunità e le razze diverse da loro. Nelle sue memorie, sostiene che fosse la paura l’emozione-guida, l’insicurezza generata dalle sconfitte dell’inverno 1915 e dalla minaccia degli Alleati. Gli armeni erano visti come una compagine eversiva interna sobillata dai russi e il conflitto offrì l’opportunità unica di eliminare una minaccia percepita come grave. La feroce pulizia etnica consentiva inoltre un passo avanti verso la turchizzazione dell’impero.
Il calcolo, il beneficio strategico, “l’emozione”, la paura, la percezione di un pericolo potenziale e di una minaccia latente di tradimento: ecco i presupposti ideologici ed emotivi. Uno Stato-nazione-impero in crisi voleva sopravvivere, ad ogni costo di vite umane e questo, agli occhi dei Giovani turchi, esigeva la strage.
Oggi, il genocidio degli armeni deve apparire come una delle tragedie più terribili della storia contemporanea. In momenti di crisi e trasformazioni profonde, l’identità collettiva diventa una leva di mobilitazione e si concretizza in forme emotive e irrazionali, che possono essere strumentalizzate dalle élite politiche. Questo si associa ad un altro efficace strumento di consenso, rappresentato da sempre dall’individuazione di un nemico.
A quel punto, la vita umana diventa un valore trascurabile, purtroppo.
Il genocidio degli armeni
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