Il gerarca aviatore
- Autore: Enzo Cartapati
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2018
Un laureando avanti negli anni, ma per questo ancora più volenteroso. Una tesi in scienze politiche, un personaggio storico minore del ‘900, schierato, ma tutt’altro che scontato. L’elaborato discusso dall’ora dott. Enzo Cartapati davanti alla commissione di laurea della Statale di Milano nel luglio 2015 è diventato un volume dell’Editoriale Sometti di Mantova: “Il gerarca aviatore. Aristide Sarti Sarti 1917-1945” (settembre 2018, 176 pagine 15 euro).
Un saggio di ampio respiro, illustrato con foto d’epoca e frutto di giornate passate a sfogliare carte e documenti di varie istituzioni, a cominciare dall’archivio nazionale e da quello dell’Aeronautica Militare. Alla laurea c’è arrivato dopo aver dato tanto alla famiglia e alla società. Inappuntabile impiegato amministrativo dell’università milanese e dei Comuni di Mantova e Marmirolo, si è a lungo impegnato in politica e nell’amministrazione civica della città di Goito, prima come consigliere comunale poi come assessore e per sette anni sindaco, dal 1991 al 1998. Un impegno pubblico esaurito nel 2017.
“Entusiasmi e delusioni di un giovane fascista”, si legge in copertina e questo ci consente di inquadrare ancora meglio la figura di Aristide Sarti. Bolognese, era uno squadrista atipico, fa presente il prof. Marco Cuzzi, docente di storia contemporanea, relatore della tesi di Cartapati e a sua volta autore di una lucida prefazione, in cui mette a fuoco la figura dell’anticapitalista in camicia nera, partendo da un quesito: si può rispettare un caduto per una causa sbagliata?
Il lavoro di Cartapati non ha nessun intento revisionista, questo è fuori di dubbio. Enzo ha militato nel Pci e la sua identità politica diametralmente opposta non si presta a sospetti di simpatie neofasciste. Però è un ricercatore ispirato e curioso, attratto dalla personalità di un giovane nato alla fine di una guerra e morto alla fine di un’altra (il 2 aprile 1945, a soli 28 anni). Un fascista trasgressivo, che ha dato la vita più coraggiosamente di tanti camerati ortodossi, riusciti a scamparla.
Nazionalista, educato nella scuola gentiliana e cresciuto in una fucina del regime qual era il Fascio bolognese, Aristide non esitava a esternare le sue posizioni ben poco allineate rispetto al movimento fascista e poi a quello repubblichino, schiacciato sulle posizioni filonaziste di Mussolini. Sarti credeva in un fascismo rivoluzionario, che non aveva fatto in tempo a vedere in azione, dal momento che l’anima modernista e futurista si era fatalmente esaurita con la svolta dittatoriale del duce, nell’estate 1926, in pieno caso Matteotti. A quei tempi era solo uno scolaro delle elementari, ma da ventenne sarà più che altro giovanilista e patriota, in un regime ingessato e in una società nella quale i giovani servivano tutt’al più come carne da cannone, ma non avevano molto da comandare e ancora meno da decidere.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 non ebbe dubbi: il suo cuore e la sua vita erano dalla parte della Repubblica Sociale, che per lui restavano la Patria, quella per cui aveva dato la vita il fratello Luigi, abbattuto nel 1943, a Tunisi.
Anche Aristide era stato aviatore durante la guerra. Nella linea di volo della Regia Aeronautica era salito sui monoposto Messerschmitt, buoni aerei da caccia tedeschi, una quarantina dei quali arrivarono a Caltagirone, in Sicilia. Vennero affidati a piloti italiani, che affrontarono non poche difficoltà per impratichirsi e si distinsero in parecchie “scassate”. Gli incidenti erano causati soprattutto dalla netta differenza tra il sistema frenante dei velivoli tricolori e quello “a staffa” adottato dall’aviazione tedesca. La figuraccia aviatoria era poi sempre in agguato, favorita dalla fatale inversione della manetta del motore, che induceva in errore qualche pilota distratto.
Sorpreso dall’8 settembre in convalescenza a Bologna, Sarti si ritroverà a fare anche il federale reggente, per 86 giorni. In questo periodo, nella fase iniziale si registrò il suo tentativo di avviare una riconciliazione impossibile con l’antifascismo. Non poteva che scontrarsi col radicalismo degli altri gerarchi, sebbene non esitasse ad esporsi, battibeccando nel congresso di Verona da posizioni che potevano essere considerate tout court di sinistra.
La repressione sanguinaria seguita all’assassinio del federale di Ferrara Igino Ghisellini lo vide in dissenso, dare le dimissioni ed avviare il ritorno al volo di guerra, sui Messerschmitt dell’aviazione repubblichina, per difendere le città del nord dalle fortezze volanti alleate, che seminavano morte e distruzione.
Si dice che il 2 aprile fosse anche riuscito ad abbattere un bombardiere Mitchell, prima di precipitare. Qualcuno azzardò un’ipotesi di azione kamikaze, che la famiglia però escluse. L’aereo cadde nel laghetto di Corte Baronina, dalle parti di Goito, andando in pezzi a contatto con l’acqua. Il velivolo e i resti del pilota affondarono nelle sabbie, dove i familiari decisero di lasciarli e tuttavia vollero costruire un monumento nei pressi, a ricordo del sacrificio di Aristide. Con le parole incise nel marmo: caduto per la “sua” patria, per il “suo” onore.
Il gerarca aviatore. Aristide Sarti (1917-1945). Entusiasmi e delusioni di un giovane fascista
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