Il gladio spezzato
- Autore: Andrea Rossi
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2015
C’è un film di Lizzani, “Mussolini ultimo atto”, che chiarisce fin dal 1974 un aspetto trascurato dagli storici: i tedeschi sacrificarono le truppe italiane della RSI per coprirsi la ritirata verso il Brennero. È un aspetto che viene invece approfondito dal ricercatore ferrarese Andrea Rossi in “Il gladio spezzato” (D’Ettoris Editori, Crotone, 2015, pp. 144, euro 14,90).
A parte qualche strage delle SS o scontri limitati, la Wermacht si assicurò passo libero perché la resistenza trovò conveniente fare ponti d’oro al nemico in fuga, piuttosto che affrontarlo, con le inutili perdite conseguenti. Sicché, dall’insurrezione generale del 25 aprile ad oltre il 2 maggio 1945 – data della resa germanica in Italia agli Alleati – restarono ad affrontarsi solo partigiani e repubblichini. E fu il sanguinoso, impietoso e in quel momento inevitabile regolamento dei conti con i fascisti.
Per convenzione, si collocano proprio al 25 aprile la Liberazione e la fine della guerra nella penisola, ma nel Nord si continuò a combattere e a morire fino ai primi di maggio, come si è detto. Il 25 coincide con la fuga di Mussolini da Milano e con la dissoluzione dell’esercito di Salò, che pure rappresentava una forza ragguardevole, contando intorno a centomila uomini, sebbene armati in maniera eterogenea, frammentati in formazioni separate e mancanti di un coordinamento e obiettivi comuni.
Nel definire un’agile ma efficace quadro d’insieme delle vicende di quella settimana, il lavoro di Rossi colma dunque una lacuna. Finora la storiografia si era occupata delle ultime settimane del conflitto sul fronte italiano dedicandosi solo a singoli reparti ed episodi isolati. Lo sbarco in Normandia di dieci mesi prima lo aveva reso secondario in Europa. Non sembrava però così marginale a chi si batteva sulla linea Gotica, a chi continuava la lotta partigiana sui monti, a chi subiva le rappresaglie naziste e le attenzioni delle polizie mussoliniane.
La scelta scriteriata di Hitler, nel settembre 1943, di non consentire ai suoi di arroccarsi a difesa delle Alpi dopo una profonda ritirata, aveva evitato alle truppe angloamericane di andare a sbattere contro un insuperabile baluardo alpino, ma così tutta l’Italia era diventata un campo di battaglia. Eserciti nemici si scontrarono per due anni contro le difese tedesche, da Cassino all’Appenino tosco-emiliano, ma dietro le linee anche i combattenti della resistenza e i civili pativano l’occupazione nazifascista. Nelle città, nei paesi, nelle campagne e sui monti, si consumarono durezze, intransigenze, giustizie sommarie. Si generarono odi profondi che vennero al pettine a fine aprile 1945. Da una parte non c’era stata pietà per i renitenti all’arruolamento obbligatorio, per i disertori e i partigiani catturati in armi, dall’altro non ci fu misericordia per i repubblichini, alla resa dei conti finale. Sangue era stato versato e sangue dei vinti venne preteso, un dies irae disumano, ma non era il primo nella storia e non sarà l’ultimo, a giudicare dall’odio riversato oggi dai terroristi islamici.
Sangue e lacrime per i combattenti del Duce, che sulle divise avevano sostituito il gladio alle stellette. Il volume rivolge lo sguardo alle loro vicende, in quelle ore e giornate. Andrea Rossi si spinge su un terreno indubbiamente difficile, considerate le inavvicinabili distanze ideologiche nella lettura degli eventi della guerra partigiana 1943-45. Nell’Italia dei guelfi e ghibellini non c’è tuttora una storia condivisa di quel biennio. Rossi è indotto non a caso a dover premettere di aver cercato di compiere un’indagine il più possibile pacata e obiettiva su un soggetto inquinato da furibonde divaricazioni di parte.
Le conclusioni confermano quanto anticipato: nel momento in cui i tedeschi abbandonarono al loro destino le forze della RSI, queste affrontarono l’ultima battaglia senza piani attendibili e coerenti. Accadde di tutto: ingenuità, tradimenti, voltafaccia, doppi giochi, furbizie dei capi ai danni dei sottoposti, fughe vergognose, ma anche atti di coraggio, isolati gesti di responsabilità e talvolta azioni dimenticate a difesa degli interessi nazionali. In genere, chi si arrese in mano agli Alleati se la cavò come prigioniero di guerra, chi cadde in mano ad altri italiani mise in gioco la vita. Tutto mentre i nazisti osservavano rapaci e spietati quanto accadeva, con l’indifferenza di chi ha separato la propria sorte da quella di chi invece andava incontro alle ritorsioni che seguono ogni guerra civile. Perché tale fu, guerra civile, conclude Andrea Rossi, come avevano intuito prima Beppe Fenoglio poi Renzo De Felice.
Il gladio spezzato. 25 aprile-2 maggio 1945: guida all'ultima settimana dell'esercito Mussolini
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