Il mercato delle verità. Come la disinformazione minaccia la democrazia
- Autore: Antonio Nicita
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: il Mulino
- Anno di pubblicazione: 2021
Esaminata alla luce delle opposte partigianerie l’attuale contingenza pandemica si rivela indice del tramonto della libera informazione. Se da un lato i pretoriani filogovernativi sorvolano sulla non-scientificità (per non dire di peggio) del green pass esteso ai luoghi di lavoro; dall’altro un nutrito gruppo di renitenti al vaccino corrobora le proprie convinzioni affidandosi alla dottrina emotiva e parimenti antiscientista dei social media. La storia non coincide mai esattamente con la narrazione mediatica, e la storia della gestione pandemica italiana resuscita piuttosto fantasmi foucaultiani (Sorvegliare e punire).
Secondo le tesi espresse dal professor Antonio Nicita ne Il mercato delle verità. Come la disinformazione minaccia la democrazia (il Mulino, 2021) il cortocircuito (dis)informativo è lungi dall’essere prerogativa nazionale, e dall’essere relativo solo al racconto della pandemia. Non c’è da dargli torto: la narrazione emergenziale ha piuttosto concorso al manifestarsi clamoroso del relativismo informativo ai tempi del cosiddetto liberismo e delle presunte democrazie. Se è vero che i social media spacciano notizie irragionevoli per dogmi di fede, è vero anche che il belare unanime (e acritico) dell’informazione ufficiale non offre miglior prova di sé. In altre parole: se i canali social strumentalizzano leggende metropolitane e bufale anti-scientifiche, dal canto loro stampa e TV tacciono su argomenti capillari, supini come sono alle direttive degli stati.
A partire dalle elezioni americane del 2000 (accadimento sul quale il saggio di Nicita si concentra ampiamente) si è potuto assistere a un crescendo disinformativo su vasta scala. Focalizzandoci soltanto sul dilagare incontrollato delle notizie in “rete”, piuttosto che “il libero mercato delle idee”, siamo al cospetto di un “mercato delle verità” (per dirla con l’autore): le tesi più inverosimili veicolate secondo strategie di appetibilità rispondenti alle convinzioni e alle aspettative di ciascun consumatore di notizie. Lo smercio dell’implausibile attraverso strategie mediatiche fondate ad hoc sulle preferenze individuali. Più o meno quello che succede in pubblicità, con gli inserzionisti occulti a conoscenza dei gusti degli internauti.
Per tornare all’ambito dell’informazione (ma c’è davvero tanta differenza tra la merce-prodotto e la merce-notizia?): stando a quanto auspicato da Antonio Nicita occorrono regole in grado di assecondare al contempo la libertà d’espressione e il buon funzionamento della democrazia. La proposta non farebbe una piega, non fosse che democrazia è oggi un termine divenuto flatus voci, di fatto paravento politico attraverso cui si maschera la confusione informativa per distrarre dalle perversioni del neocapitale.
Ma quest’ultimo è un pensiero solo mio (si può?), non credo condiviso da Antonio Nicita, estensore di un saggio poggiato peraltro su assunti rigorosi (John Stuart Mill, lo stesso Michel Foucault), e per questo, forse, ancora più inquietante.
Il mercato delle verità. Come la disinformazione minaccia la democrazia
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