

Il nostro meglio
- Autore: Alessio Forgione
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: La nave di Teseo
- Anno di pubblicazione: 2021
Il nostro meglio (2021) è il suo terzo romanzo e Alessio Forgione propone per La Nave di Teseo un grande affresco familiare narrato in prima persona, con una scrittura ormai matura e letterariamente alta: non a caso l’esergo del libro è una citazione da La Storia di Elsa Morante, perché anche questa è una storia di persone umili, nella Napoli circondata dai suoi quartieri periferici, Soccavo, Bagnoli, fra i quali si muove sugli affollati treni dell’hinterland e cresce il narratore, che, sin da bambino, aveva vissuto a lungo con i nonni.
“Di solito, dopo pranzo, quando non rimane più niente da fare, dopo lavati i piatti e spazzato il pavimento, nonna dice che dobbiamo riposarci un po’ gli occhi.”
È questo l’incipit del romanzo, che contiene già molti degli elementi che caratterizzeranno la narrazione: un interno modesto, una cucina semplice dove si mangia e si rigoverna, e la protagonista, nonna, che scandisce i tempi della giornata, e forse della intera vita del protagonista, il bambino amato, Chiccù.
L’architettura del libro parte all’indietro, dal capitolo Dieci, per poi aiutare i lettori a scendere nelle viscere dei pensieri e della formazione umana e culturale del ragazzo che andrà all’università, uscendo da una famiglia dove la cultura accademica non abitava, per riscattare agli occhi della amata nonna la sua condizione sociale. Non c’è trama, non una concatenazione di avvenimenti, ma piuttosto la formazione della personalità del protagonista, la sua educazione sentimentale, circondato da personaggi che costituiscono una sorta di coro intorno a lui, ai suoi pensieri, alle sue aspirazioni ancora vaghe e non del tutto chiare. C’è l’amico Angelo, con cui suona in un gruppo un po’ velleitario, e che lo abbandonerà per raggiungere un parente a Londra, senza troppe spiegazioni. C’è la tabaccaia Maria Rosaria, con cui si lega in un insolito rapporto di amicizia, senza sesso e senza coinvolgimento apparente, ma che costituisce un punto importante per combattere una malinconica solitudine che lo insegue. C’è Anna, una barista incrociata per caso, che lo porta con sé a Procida, dove lei è di casa: un senso di estraneità lo colpisce, malgrado la bellezza dell’isola, ed è proprio “l’isolamento” la metafora di questa infruttuosa avventura.
Al centro della storia però c’è l’improvvisa diagnosi nefasta che condanna l’amata nonna a una fine certa e imminente. Il racconto dell’estrema difficoltà con la quale il narratore affronta il tema della malattia, dell’abbandono delle sicurezze e della morte è la parte più dura e riuscita di questo romanzo che scava nel profondo delle angosce che appartengono a tutti noi. Intorno alla nonna che si spegne si affollano le tre figlie, sollecite, attente, dedite; il nonno si defila, come se l’accudimento fosse compito e prerogativa delle sole donne. Il nipote amato cercherà di assecondare il processo di allontanamento dalla vita con estrema difficoltà, travolto dalla contraddizione fra restare o fuggire, partecipare a un evento definitivo e tenersene lontano.
“Cosa altro rimane quando non si sa più parlare, quando le parole, da sole, non possono coprire le dimensioni di quel che proviamo, se non piangere? Niente.”
Ecco allora che lo scrittore riesce a rendere un fatto così privato, così personale, così coinvolgente, nella metafora dell’esistenza e della sua fine comune a tutti noi: piangere, singhiozzare, gridare, pregare, cantare, abbracciarsi, quando non ci sono più parole da dire, cure da provare, gesti riparativi. Con lo strumento della letteratura Alessio Forgione riesce a catturare la parte più esposta, più fragile, più segreta di tutti noi, e ci autorizza a un pianto liberatorio di cui non provare vergogna. Giunti finalmente al capitolo Uno di questo bel romanzo.

Il nostro meglio
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