Il piccolo acrobata
- Autore: Raymond Gurême con Isabelle Ligner
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Piemme
- Anno di pubblicazione: 2012
“Il piccolo acrobata” (Piemme, 2012), romanzo autobiografico scritto, appunto, dal protagonista Raymond Gurême, con la collaborazione di Isabelle Ligner, narra le vicende di una famiglia di gitani francesi prima, durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Raymond apprende dallo stesso padre l’arte circense imparando, così, a saltare e a fare acrobazie quasi prima di camminare. Gurême ci porta, attraverso i suoi racconti, nel mondo del circo e dei giostrai, di coloro che sono nomadi per scelta, perché ad una fissa dimora hanno preferito il carrozzone sinonimo di libertà, di possibilità di muoversi, di andare un po’ dovunque spesso dormendo sotto le stelle. Questo tipo di vita, improntato sull’autonomia, su una precoce libertà unita, però, ad un costante esercizio per affinare le abilità di movimento, sarà d’aiuto al giovane protagonista in alcuni drammatici momenti della sua esistenza.
Inizialmente la famiglia Gurême vive in maniera più che dignitosa: i componenti di questo gruppo si spostano con i carrozzoni non solo per gli spettacoli circensi, bensì perché hanno allestito una piccola sala cinematografica all’interno del loro tendone portando, quindi, in giro per i paesi, pellicole di film che, per i tempi precedenti la Seconda Guerra Mondiale, costituiscono un avvenimento per la gente comune. Tutto ciò fa sì che gli incassi giornalieri siano sempre buoni e il tenore di vita della famiglia più che dignitoso, benché gli abitanti di paesi e villaggi, abituati alla sedentarietà e attaccati alla propria terra, siano diffidenti verso di essi e tendano ancora a soprannominarli “zingari” , termine che cela un certo disprezzo a livello sociale. Nonostante alcune difficoltà di inserimento, i Gurême hanno una vita pari, se non superiore, ad altri e i ragazzi ricevono anche una certa educazione, conoscono nozioni di vario tipo e sanno leggere.
Una vita un po’ fuori dal comune che cambia, però, totalmente, il 4 ottobre 1940, quando, all’alba, la famiglia di Raymond viene portata via dalle guardie. E’ stato appena firmato un decreto che vieta, in Francia, la circolazione ai nomadi in tutto il paese e impone ad essi il domicilio coatto. E’ un ordine che, in realtà, viene dalla Germania ma che la Francia esegue. Raymond definisce il 4 ottobre “Il giorno in cui la mia vita si è fermata” e non ha torto a parlar così. Quando i gendarmi fanno irruzione nel carrozzone, la famiglia Gurême fa solo in tempo a raccogliere le cose indispensabili e, poi, è costretta a seguirli. Questo è il primo nucleo di persone ad entrare in quello che si chiamava, ufficialmente, “campo di raccolta dei nomadi di Darnétal”: a loro si uniranno molte altre famiglie nomadi per professione ma non sempre quella circense, bensì arrotini oppure cestai o, ancora, mercanti. Raymond ha solo quindici anni e vede la sua vita cambiare radicalmente. Quel domicilio obbligato ha molto in comune con i “campi di lavoro” voluti dai tedeschi: attorno ad esso sta il filo spinato, all’interno baracche in cui i nuovi ospiti vivono stipati, nutrendosi di ben poco cibo, potendo, a stento, lavarsi, rimanendo al freddo e senza un vestiario adeguato. Ha inizio, così, un lungo periodo di detenzione durante il quale i più deboli soccombono e anche chi è più forte vede minata la propria salute in seguito alle terribili sofferenze. Raymond, però, è giovane e non vuole sottostare. Perde venti chili in un anno ma, grazie alle sue abilità acrobatiche, fugge più volte saltando muri, arrampicandosi sugli alberi, usando così quelle abilità che aveva acquisito quando era ancora piccino. Un’odissea quella del ragazzo che giunge anche nei campi di lavoro tedeschi, per la precisione nel "campo di disciplina di Heddernheim”, di nuovo prigioniero dietro un filo spinato, percosso, costretto a lavori estenuanti. Raymond porterà tutta la vita su di sé i segni dei gravi maltrattamenti subiti. Ancora una fuga e l’idea di entrare a far parte del movimento di Resistenza: una vita fatta di nascondigli, di privazioni fino a quando, a guerra ultimata, il protagonista deve risalire la china. Per molti anni è solo poi, per caso, ritrova le tracce della propria famiglia. Raymond Gurême è un uomo provato da una triste sorte ma, comunque, fortunato poiché è sopravvissuto a quell’Olocausto in cui milioni di vite sono state sacrificate. I suoi ricordi si aggiungono a quelli di tanti altri.
Questa non è l’esperienza di un ebreo ma, comunque, di una persona considerata ad un livello inferiore che andava, quindi, per una folle ideologia, eliminata. E’ una storia che fa pensare e riflettere sul fatto che siamo tutti persone e su quanto la sofferenza incida in ognuno di noi.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il piccolo acrobata
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