Il preferito della strada. Il magico viaggio di Vito Timmel
- Autore: Alessandra Scarino
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2019
Alessandra Scarino, giornalista e scrittrice, oltre ad aver pubblicato racconti onirici e surreali che rivelano in profondità le dinamiche dell’animo umano con fine sensibilità e verità, si dedica alla biografie romanzate di grandi artisti. Di recente è uscito il suo La bambola di Kafka per Libertàedizioni (2020) e in precedenza Il preferito della strada. Il magico viaggio di Vito Timmel, sempre per lo stesso editore (p. 132, 2018), che narra le vicende del pittore triestino Vito Timmel, visionario e geniale.
Il genere biografico impegna doppiamente l’autore: se da un lato egli deve restare fedele alla persona esistente o esistita, divenuta personaggio, di cui ha scelto la vita da riproporre per gli elementi emblematici che racchiude e per la produzione artistica significativa, dall’altro lato è necessario che il biografo annulli se stesso, divenga oggettivo, privilegiando "l’altro da sé", colui o colei di cui si impregna, da cui si lascia quasi possedere, in un certo senso, per meglio metterlo/a in luce. Eppure deve anche, di contro, esprimere tutta la sua stessa vibratile emotività, metterla al servizio per dipingere a parole un ritratto che renda il lettore coinvolto e partecipe al massimo.
Tale operazione riesce egregiamente ad Alessandra Scarino, che tratteggia la vita del pittore vista dal di dentro, da quella speciale anima estatica in tormento. Timmel scrive un diario, Il magico taccuino, che Scarino legge e interpreta rivelando i retroscena in modo intuitivo, da artista lei pure, indovinando il sostrato, i segreti con un lirismo spesso struggente. Ed è, la sua, poesia in prosa.
Timmel è visitato dall’arte e dalla follia e trascorre gli ultimi quattro anni di vita segregato in manicomio a Trieste. Muore il primo gennaio 1949.
Spesso il genio, nei suoi eccessi e incursioni oltre il recinto ristretto della ragione, incontra i propri fantasmi insieme a presenze soprannaturali, angeliche, che l’uomo "normale" cova dentro inconsapevolmente e mai vedrà. L’arte, tutta l’arte è dunque rivelazione del profondo e dell’alto, dell’inconscio personale e collettivo e di questo artista psichicamente fragile in modo particolare.
Nato a Vienna nel 1889 da famiglia nobile trasferitasi a Trieste, Timmel nella capitale giuliana segue la scuola di Scomparini, quindi si specializza a Vienna accogliendo le correnti simboliste e secessioniste. Tanto va detto per inquadrarlo. Come numerosi artisti dell’area mitteleuropea, anche Timmel vive a cavallo tra due mondi, l’Impero che lentamente si sbriciola e cancella per sempre valori fondanti e vede la spiritualità esiliata, e il mondo nuovo dominato dalla mercificazione. In tale contesto il cuore di un artista non può che patire strappi e lacerazioni.
La scrittrice ci presenta Timmel in fin di vita, nel suo ultimo giorno terreno, il primo gennaio 1949, ed è giusto così: dice un proverbio che un uomo si riconosce dalla sua morte. Il moribondo rivede la sua odissea e ne comprende il senso per portare con sé il vero valore, spoglio di tutto l’inutile e di qualunque vanità.
Timmel è un paziente dell’ospedale psichiatrico, solo in un letto, in una cella senza finestre, guance scavate, si riscalda con uno scialle, ha freddo, è l’immagine di Cristo, "come crocifisso", sublime:
"Trema, batte i denti, la bocca è una ferita sottile, come di sangue rappreso, gli occhi ora si aprono ora si chiudono, con il ritmo di una preghiera angosciata".
È un quadro... rivela la verità dell’essere, la nostra nullità di creature. Chi lo soccorrerà? Non potrà mai più essere il preferito della strada, il viandante camminatore instancabile, fuso con le sue visioni, libero dalle convenzioni, dalle ristrettezze del pensare borghese utilitaristico e meschino. Era stato un pittore amato e applaudito, quindi il crollo dopo due matrimoni, la povertà.
Scarino esprime un giudizio da brivido, purtroppo assolutamente vero:
"Nella medicina della mente il materiale da laboratorio sono persone sbandate, in conflitto, per lo più indifese e sole. All’epoca anche la tristezza e lo scontento, la ribellione e la non conformità, erano follia".
È ancora lontana ha rivoluzione di Basaglia, che inserisce il sofferente psichico nel contesto sociale condizionante.
Anche il caro amico del pittore Cesare Sofianopulo in buona fede accetta la diagnosi medica su Timmel: sindrome demenziale.
Scarino fa intravedere altri scenari, l’incontro dell’artista con il mondo soprannaturale.
"Potrebbe anche aver deciso di dichiararsi pazzo perché stanco della commedia del mondo e nauseato dei costumi e delle maschere da indossare per esistere".
In questo ricorda l’albatros di Baudelaire, superbo uccello destinato a percorrere gli spazi ma diventato goffo sul ponte della nave, costretto a camminare come se fosse claudicante da marinai rozzi e ignoranti che lo tormentano. Metafora straziante di chi, troppo elevato, è inadatto a vivere quaggiù.
Chi lo soccorrerà? La nera Signora del Tempo, la Morte
"dagli occhi scuri e lucenti, profondi e infinitamente calmi. Grande è la sua sapienza, se sin dall’inizio del mondo ha svolto con tanto scrupolo e puntualità il suo compito ingrato, prendendo tra le braccia l’anima nuda e inerme di tutti coloro che sono nati e vissuti".
Il libro si configura come un de profundis ricco di meditazioni. I due protagonisti, la Signora Morte e il morente, docile come un bambino, adesso spostatosi all’esterno, disteso su una panchina del parco dell’ospedale, vivono una profonda comunione. Insieme rivedono ciò che è stato, mentre "lei" fila a un arcolaio onirico usando fili colorati, simboli di emozioni, a cominciare dall’infanzia incompresa del pittore, priva di affettività. Bambino ignorato e solo. "È la sorte del viandante". Finissima constatazione. Nel suo taccuino possiamo leggere, dopo viaggi in pianeti e altri mondi felici:
"Peccato che non sono nato morto".
Frase di sapore gnostico, con tutta la nostalgia della bellezza e felicità soprasensibile conosciuta nelle visioni, come accade a William Blake.
Quella felicità arcana
"entra nelle matite e nei colori, nei pennelli e nelle tele del futuro artista e la sua scia di luce rivive, chiara e diffusa, nei grandi quadri della maturità".
Al bambino era stato di conforto un angelo, all’adulto prima del buio della coscienza alterata è conforto una voce che lo fa sobbalzare, per rivelargli una compiutezza che è oltre la materia.
Il viaggio nel sogno vero è ripetuto nell’ultimo giorno mentre la Signora sta terminando di filare, terza Parca che taglia il filo. Come è scritto nella Commedia:
"lei che dì e notte fila, / non gli avea tratta ancora la conocchia" (Dante, Purgatorio, XXI, 25-26)
"Quando tutto sembra perduto, d’improvviso, mentre l’anima ha un ultimo spasmo di vita, ecco che laggiù, all’orizzonte, uno spiraglio di aurora e di speranza spalanca a poco a poco i cieli".
Ed è, scrive Scarino con sapienza veggente:
"La materia quale diviene quando supera il confine e solo allora mostra il suo vero volto che è perfezione, compiutezza ed inebriante pura presenza di essere e senso".
Siamo in un terreno metafisico conosciuto dai mistici. Anche Timmel ne fa parte, non differente dal pellegrino cherubico Angelo Silesio.
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