Il ragionevole sospetto
- Autore: Vittoriana Abate e Cataldo Calabretta
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2016
Una cronista e un docente e avvocato, entrambi a loro agio con i mezzi di comunicazione, televisioni o stampa in generale. Vittoriana Abate e Corrado Calabretta sono gli autori di un’agile volume che rilegge i casi più noti di nera degli ultimi settant’anni, “Il ragionevole sospetto”, pubblicato nel dicembre 2016 dalle edizioni Imprimatur di Reggio Emilia (pp. 142, euro 14,00). Si badi, è un libro agevole, popolare, democratico, non ha niente a che fare con i manuali di diritto quanto a stile di scrittura, semmai ricorda i tanto leggibili rotocalchi di un tempo.
Dubbi e misteri nei casi più controversi della cronaca giudiziaria nazionale: tutto di tutti, sebbene in breve e senza il clamore voyeuristico che ha accompagnato nel loro corso mediatico le vicende più recenti. Si tratta di “brutte storie” molto note, dal delitto del piccolo Tommy Onofri ad altre pagine eclatanti, indicate con il nome della vittima (Melania Rea, Elisa Claps, Yara, Meredith, Emanuela Orlandi), con la località in cui i fatti si sono verificati (Avetrana, Garlasco, Arce) o anche con l’indirizzo del luogo del delitto (via Poma, Olgiata).
Delitti che sconvolgono l’opinione pubblica e allo stesso tempo l’attraggono irresistibilmente. È sempre stato così, sebbene un tempo il mezzo di diffusione fossero i quotidiani, almeno fino agli anni Ottanta. Da quel momento, con il progressivo irrompere di trasmissioni televisive e talk show, i processi hanno preso a svolgersi nei salotti televisivi sul piccolo schermo prima che nei tribunali.
Gli autori hanno dimestichezza con i media, si diceva. Vittoriana Abate lavora in RAI dal 1990 e da ben diciassette anni cura la trasmissione Porta a Porta di Rai Uno. Salernitana, laureata in giurisprudenza, è giornalista e scrittrice. È opinionista nei programmi della stessa rete e collabora anche con L’Arena di Giletti. Si è occupata dei delitti più noti e dei processi più clamorosi.
Cataldo Calabretta, pubblicista dal 2002, è avvocato, ricercatore di diritto privato, ha una cattedra di diritto dell’informazione e insegna nel master di scienze criminologico-forensi dell’Università La Sapienza di Roma. È anche lui un volto popolare per i telespettatori di Raiuno, consulente in trasmissioni di cronaca giudiziaria.
Due volti e tanti casi che ci accompagnano costantemente. Quasi ogni giorno, intere famiglie entrano nelle nostre case, attraverso il piccolo schermo: Franzoni, Misseri, Gambirasio. Ci sono diventate familiari Elisa Claps, Roberta Ragusa, la giovanissima Yara, rimaste a lungo vittime senza non solo un colpevole, ma nemmeno un imputato. Ci sono voluti tre gradi canonici del processo penale (Assise, Appello, Cassazione), per accertare la colpevolezza di Salvatore Parolisi e Alberto Stasi.
La cronaca nera è un prodotto di consumo tra i più popolari e la sua sede d’elezione si è traferita negli studi di ripresa. Il giudizio delle corti togate è così preceduto dal dibattito spesso concitato tra opinionisti, parenti, testimoni, con la stolida contrapposizione tra colpevolisti e innocentisti nel pubblico, all’insegna di un tifo che somiglia a quello sportivo. A seconda della simpatia o antipatia che un soggetto o anche i suoi familiari possono ispirare a distanza, siamo indotti a schiararci dalla parte della vittima, colpevolizzando il presunto reo o dalla parte dell’imputato, assolvendolo di fatto e accreditandolo come un perseguitato.
Come ricorda nella postfazione Gian Ettore Gassani, altro popolare penalista e volto noto:
“fin quando un indagato, poi imputato, non viene condannato in via definitiva, va considerato innocente, per la legge tanto che per la società. Questo è il principio da sempre rispettato dagli autori di questo volume”.
Offrono argomenti, cercano di semplificare la comprensione di certe dinamiche investigative, dei tempi e fasi processuali.
“Questo libro vuole essere una testimonianza preziosa di come si possa aiutare la pubblica opinione a comprendere le tante sfaccettature del crimine, con competenza, esperienza e capacità. Un crimine che crea sconcerto e che appartiene a tutti, non soltanto ai suoi protagonisti”.
Il giudizio popolare dei telespettatori è governato dalla pura emotività. Non è quella evidentemente che peserà in tribunale, ma può ostacolare o al contrario agevolare il reinserimento del condannato nella società civile, una volta scontata la pena. Ecco perché, anche quando una sentenza di colpevolezza, con relativa pena detentiva, è passata in giudicato ed è quindi decisa oltre “ogni ragionevole dubbio”, i familiari continuano a pagare penalisti di fama per tentare di sostenere richieste di revisione dei processi, sulla base di sviluppi successivi delle indagini. L’ultimo esempio è degli Stasi, che hanno indicato un soggetto e una pista alternativa, che posi si sono riveli inconsistenti.
Sono istanze che sul piano processuale ottengono risultati vicini allo zero, ma che conservano intorno al caso una sfumatura di non definito, non risolto, che sarà preziosa per la reputazione dell’attuale detenuto ma futuro libero cittadino. Una volta espiata la pena, favorirà la sua ricollocazione nella comunità a testa più alta di quella di un semplice ex carcerato.
Il ragionevole sospetto. Dubbi e misteri nei casi più controversi della cronaca nera italiana
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