Il riso
- Autore: Henri Bergson
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Laterza
Saggio sul significato del comico - Partiamo dalla concezione di Bergson sull’arte. Per vivere in società bisogna assumere degli abiti mentali, dei linguaggi, dei modi di guardare che sono utilitaristici alla sopravvivenza della società stessa. Incentrare attenzione e tempo alla scoperta del proprio sé o della natura non è immediatamente utile alla società e dunque è un compito da svolgere nei… ritagli di tempo!
L’arte ha il compito di sollevare il velo che la società ci ha posto davanti, quella specie di paraocchi che deve indirizzare il nostro sguardo solo verso ciò che è utilitaristico, per guardare meglio dentro a noi stessi e alla natura. In questo senso, l’arte ha interessi che vanno in direzione contraria agli interessi della società. Un artista degno di tale nome sarà più convincente nel trasmettere la Verità solo se avrà provato sulla propria pelle questa esperienza diretta, questa visione:
“La sincerità è comunicativa. Ciò che l’artista ha visto, noi lo rivedremo, senza dubbio, per lo meno non allo stesso modo; ma se egli lo ha visto sul serio, lo sforzo che egli ha fatto per scostare il velo s’impone alla nostra imitazione. E dalla efficacia della lezione si misura precisamente la verità dell’opera”.
Cosa c’entra questo con il comico? La società ci vuole reattivi, svegli, vuole che siamo veloci, sia nel corpo che nello spirito, a rispondere alle nuove sfide che ci propone. Ebbene, il riso è una sanzione sociale che interviene quando una persona si distrae e non è più “elastica” per adeguarsi alle richieste della società. Uno Charlot che cammina dondolando o uno Stanlio che inciampa su un asse, fanno ridere perché non corrispondono all’ideale di uomo che deve tenere i sensi e il corpo in forma per rispondere alle sollecitazioni dell’ambiente. In questo senso, il riso è funzionale alla società e ci allontana dalla natura, ambientale o individuale che sia. Il riso in questo senso ha una funzione conformista (questo Ceccarelli lo fa notare bene nell’introduzione), può riportare una persona all’ordine (almeno esteriormente) facendogli temere il ridicolo. Permettetemi però una nota personale: Bergson non distingue tra comico e umoristico e scrive che un Don Chisciotte, nella sua distrazione spinta agli estremi, è il non plus ultra del comico. Se avete letto Pirandello, vi sarete accorti che l’eroe di Cervantes è molto più tragico di quel che sembra!
Il riso, dunque, è inteso come sanzione sociale che combatte le meccanicità, la goffaggine e le eccentricità che possono danneggiare la società stessa, e favoriscono un adeguamento, almeno esteriore. Fa sì che noi ci preoccupiamo di apparire ciò che dovremmo essere.
Il fine della commedia è mettere in scena caratteri generali, non approfondire le psicologie, perché quello che c’è di meccanicistico in noi può essere solo esteriore. Il problema principale è che comportandoci sempre in un certo modo, alla fine diventeremo ciò che ci preoccupiamo di apparire.
Il riso
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