Il signore del sorriso
- Autore: Anna Vinci
- Anno di pubblicazione: 2012
Per comprendere appieno fasti e rovine politiche del Caimano forse bisognerebbe cominciare dal suo sorriso: largo, perenne, stereotipato, da clown vagamente orrorifico. In principio furono la pelata di Mussolini, la frezza di Aldo Moro, la gobba di Andreotti: quando il destino della res pubblica incontra stralci di fisiognomica, i vaticini risultano molto vicini al vero.
Ne “Il signore del sorriso” (Iacobelli Editore, 2012) Silvio Berlusconi è l’Innominato: c’è ma non si vede, una (sotto)specie di entità simbolica, immanente al destino dell’ex Bel Paese, che aleggia (incombe?) sulla storia (poca fiction, tanta realtà). Fuor di metafora se ne avverte la presenza in puro spirito, trucco & parrucco, e trattasi di una scelta di campo ben precisa: Anna Vinci procede per parabole, da romanziera civile ma non velenosa, in punta di ironia, affidandosi al fioretto piuttosto che agli strali, chi vuol capire capisce lo stesso e ne guadagna l’aplomb. La cronistoria dell’Italia dell’altro ventennio, per esempio, nel suo romanzo ci sta tutta, evocata in parallelo all’ascesa del condottiero “azzurro”: dalla culla al Palazzo - passando per navi da crociera, ville e palazzi, amicizie pericolose, nani e ballerine adoranti - con quel sorriso da imbonitore di sogni sottocosto sempre stampato in faccia, a garanzia.
Silvio Berlusconi come emblema, la macchietta albertosordiana in declinazione ipertrofica: caciarona, furbastra, godereccia, velleitaria, cattiva mai fino in fondo, improbabile sì. Il Cavaliere, insomma, come sintomo (e non come causa) della per niente aurea mediocritas italiana. L’intuizione mi sembra onesta, oltre che condivisibile: il Male Assoluto (come qualcuno tratteggia Silvio Berlusconi) necessiterebbe di ben altra statura interiore; convince di più il fatto che in un paese di ciechi l’orbo è sempre stato re.
“Il signore del sorriso” è anche disseminato di archetipi femminili, affioranti e sommersi dal vissuto del Nostro (come per ogni “caso clinico” che si rispetti), che potrebbero aprire a una chiave psicoanalitica della storia: dalla mamma adorante alla zia suora, all’attrazione precoce per una tettuta domatrice di leoni. In ultima analisi, il libro è minuto e puntuto quanto basta per assurgere ad apologo a più strati sul Potere e sul popolo bue che lo subisce pedissequo. Sfoggia peraltro un’ottima introduzione di Simona Argentieri, e non è un caso.
Il signore del sorriso
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