Il silenzio dell’alchimista
- Autore: Nerea Riesco
- Genere: Fantascienza
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Garzanti
- Anno di pubblicazione: 2017
La scena del delitto è uno studio isolato nell’università di Cambridge, svuotata dall’imminenza del weekend, nel tardo venerdì pomeriggio. E se l’assassino è una donna, com’è chiaro a tutti, tranne a Scotland, la vittima è un docente di fisica, il successore sulla cattedra occupata da Isaac Newton nello storico ateneo inglese e più di recente da Stephen Hawking. Non è certo un avvio lento quello de “Il silenzio dell’alchimista” (Garzanti Libri, pp. 404, euro 19,60), romanzo intrigante della spagnola Nerea Riesco, già autrice di “La ragazza e l’inquisitore” (Garzanti, 2008) e “All’ombra della cattedrale” (Garzanti, 2010).
Il professor Leonard Green nascondeva un segreto nella cassaforte dello studio: una formula e ha dovuto consegnarla alla donna, che lo minacciava di fare del male alla figliola adorata, la diciassettenne Daniela, ultimo affetto rimasto dopo il recente omicidio della moglie.
La combinazione è stata fornita, il foglietto prelevato, ma la killer non è stata di parola, il coltello ha ferito crudelmente la gola dell’uomo.
Anche Liz, l’omicida, nasconde un segreto, che l’ha spinta ad estorcere quello custodito dal docente, ad accertare ch’è il solo a conoscerlo. Per non dire della pelle trasparente, senza età, che contrasta con le curve procaci del suo corpo e la capigliatura rossa.
Ed è più di un segreto quello che Richard Chanfray dissimula dietro la sua vita da ragazzo ricchissimo, gli abiti eleganti, il lusso, gli oggetti ricercati di cui si circonda. L’aspetto giovanile non stride con l’età presunta di un laureando del professore, relatore della sua tesi in fisica. È proprio come allievo del luminare assassinato che la polizia lo interroga, unico tra tutti gli studenti. L’ispettore Abberline, discendente di un predecessore omonimo che ha investigato a Londra sui delitti di Jack lo Squartatore, sembra molto interessato alla teoria dei tunnel che consentirebbero viaggi nel tempo, una ricerca che rientra tra gli interessi di Green e di Richard.
Il comunque enigmatico giovane è come Liz attratto dalla bella Daniela, ma il suo impegno è proteggerla, a differenza della concorrente. Ha incontrato la ragazza in casa del padre e sapendo della sua condizione di recente orfana, non ha potuto fare a meno di notare una forte analogia tra loro, entrambi timidi, feriti, sfiduciati, riservati. A lei, invece, lo sguardo dell’allievo è apparso sfuggente, corrucciato. L’impressione è che non gradisse la sua presenza. Diversità di vedute, nessuno è fatto allo stesso modo, neanche tra simili.
Tallonando Liz, la vediamo raggiungere un tale Nicolas (altro soggetto misterioso, sodale di Cagliostro, a quanto dice), che abita un grande edificio,
“con pretese di Partenone”.
Insieme, accennano a un ulteriore individuo: l’introvabile conte de Saint-Germain.
Seguendo invece il ricco studente, in giro sulla sua Bugatti, possiamo apprendere del sollievo col quale comunica all’eccentrico amico Alessandro di aver ritrovato un tale professor Nicolas Flamel. Lo raggiungono, abbraccia Richard con trasporto:
“Fratello mio, sei a casa tua!”.
In effetti è proprio così. Chanfray e Alessandro lasciano l’appartamento di Soho e si trasferiscono da Nicolas e signora, che già ospitano la donna coi capelli rossi.
A questo punto e con il conforto di più di un chiarimento sui tunnel spazio-temporali wormhole (buchi di vermi) e i padroni del tempo, nessuno si stupirà di vedere i due giovani aggirarsi nelle strade di Londra giusto mentre l’inchiesta sugli squartamenti a Whitechapel viene condotta dall’Abberville vittoriano, che non è il Frederick contemporaneo bensì Frederick George, l’ispettore che non si era mai lasciato sfuggire un delinquente.
Questo ci porterebbe al 1888 o giù di lì. Che dire poi del racconto che Alessandro sciorina ad una tutt’altro che stupefatta Daniela.
“Molto tempo fa, anch’io ho avuto guai con la giustizia, per via di un’ingiustizia”.
È stato rinchiuso in una cella disgustosa e per poco non c’è morto, a San Leo, una rocca nel territorio dello Stato della Chiesa, in Alta Val Marecchia, a qualche decina di chilometri da Rimini. Tutto per colpa di una donna. Era stata la moglie a denunciarlo. L’inquisizione romana lo aveva torturato per indurlo a confessare i peccati contro la religione. Quindici mesi di interrogatori, poi la reclusione nel pozzo, una cavità di soli nove metri scavata nel basalto.
“Meno male che il buon amico Richard è venuto a tirarmi fuori di lì”.
Sappiano i lettori di “Il silenzio dell’alchimista” - questo romanzo di fantascienza che riporta alla mente le pagine di H.G. Wells, autore di storie di viaggi nel tempo e di mondi in trasformazione - che il prof. Green ha fatto in modo di far consegnare alla figlia una busta, sigillata con la ceralacca, come si faceva un tempo. Contiene un foglio completamente bianco, ma lei non sembra sorpresa e raggiunge il laboratorio del padre. Trova proprio quanto cercava, sebbene sotto forma di una sequenza di numeri indecifrabile…
Il silenzio dell'alchimista
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