Il sottobosco. Berlusconiani, dalemiani, centristi, uniti nel nome degli affari
- Autore: Claudio Gatti, Ferruccio Sansa
- Genere: Politica ed economia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Chiarelettere
- Anno di pubblicazione: 2012
Il grande male italiano. La politica degli affari e gli affari della politica, quell’intreccio di interessi che raramente emerge alla luce del sole ma che condiziona in modo decisivo la vita del paese: ecco il sottobosco, il cuore politico-economico dove il business è business, indipendentemente dal partito di appartenenza, e l’interesse di pochi, i soliti, piega l’interesse generale. Gli autori spiegano come D’Alema e Berlusconi, due politici apparentemente schierati uno contro l’altro, in realtà alimentano un nucleo di potere che da vent’anni paralizza l’Italia.
Ricordate la scena di “Sogni d’oro” in cui Moretti si mette a urlare come soltanto il Nanni-furioso sapeva urlare: “Rossi, neri, tutti uguali… ma che siamo in un film di Alberto Sordi?”?. A scatenarne le ire un giudizio qualunquista che accomunava nello stesso calderone consociativo fascisti e comunisti dell’epoca. Poi si dice che la commedia all’italiana non fotografa il Paese meglio dei trattati di storia patria più recente. L’invettiva proto-morettiana mi è tornata in mente mentre leggevo “Il sottobosco. Berlusconiani, dalemiani, centristi, uniti nel nome degli affari”, freschissimo di stampa per Chiarelettere, e co-firmato dai giornalisti Claudio Gatti (Il Sole 24 ore”) e Ferruccio Sansa (“Il Fatto Quotidiano”), che non le mandano certo a dire al partito trasversale degli onorevoli in affari (quasi sempre loschi). Una piaga endemica e trans-ideologica, che mette sullo stesso piano destra, sinistra e centro, alla faccia del qualunquismo, dei vizi privatissimi e delle pubbliche virtù. Viene da chiedersi, per esempio, come mai, il forzista Dell’Utri si profonda in lodi persino imbarazzanti verso il democratico Dalema (“resta il migliore di tutti (…) io sono un dalemiano convinto”). C’entra forse con l’affaire a molti zeri e a più emissari ‘ndranghetisti del petrolio venezuelano, che li ha visti compagni di interessi occulti?
Alla luce dei tanti “casi” riportati in questo libro, bisogna essere davvero delle anime belle per stupirsi del fatto che il “conflitto di interessi” rimanga un nodo irrisolto sotto qualunque governo. Se ne faccia una ragione Moretti: la casta è (purtroppo) bastante a se stessa ed è dai tempi di Peppone e Don Camillo che gli schieramenti non contano più il classico fico secco. Leggete con attenzione le pagine dell’inchiesta firmata Gatti-Sansa e fatemi sapere se la politica è ancora un mestiere per “duri e puri”. Qui si racconta piuttosto lo specchio dei (tristissimi) tempi in cui il gotha parlamentare e di governo, in nome del dio denaro, si accompagna a una fauna che peggio assortita di così solo la consorteria massonica di “Un borghese piccolo piccolo” (a proposito di Sordi e tanto per restare in ambito cinematografico). Il compromesso storico realizzato sul piano degli affari piuttosto che su quello di governo. E del resto non è risaputo che una mano lava l’altra?
Chiudo con una citazione che mi sembra emblematica delle indagini - coraggiose, sante e benedette, per quel che vale - svolte nel libro:
“A Palazzo Chigi, a Montecitorio ed a Palazzo Madama si tende a parlare dei massimi sistemi, a sottolineare la differenza e a litigare. Ma le decisioni politiche diventano concrete nel sottobosco, un ambiente lontano dai riflettori, che incarna l’anima vera – politica, civile e morale – dell’Italia di oggi. E’ il cuore politico-economico del nostro malandato paese. Dove ci si spartisce il denaro superando ogni contrasto, dove spesso vince chi ha migliori agganci e le regole di una sana competizione vengono falsate alterando lo sviluppo economico e sociale”.
Più chiaro di così…
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