Il trono
- Autore: Franco Bernini
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: E/O
- Anno di pubblicazione: 2023
Due sezioni: A) Cesare chiedeva d’essere narrato, per vivere in eterno, B) Firenze, 5 ottobre 1502, 12 febbraio 1513. Sono le due parti di un romanzo storico dello sceneggiatore e regista Franco Bernini, dal titolo Il trono, pubblicato nel mese di giugno scorso per le edizioni E/O (2023, collana “Dal Mondo”, 382 pagine).
Alla fine del 1502, il trentatreenne Niccolò Machiavelli è un oscuro segretario della Seconda Cancelleria della Repubblica fiorentina.
Dodici anni dopo è un uomo tanto diverso, con una visione più ampia e profonda della vita, della politica e degli uomini.
Sempre nel 1502, il territorio di Firenze repubblicana si estende su meno della metà della Toscana d’oggi ed è circondato da nemici.
A sud, Siena, ostile da sempre, a ovest è in rotta con Lucca e in guerra con Pisa. Il pericolo peggiore preme però da nord e da est, un Borgia ha tentato già due volte d’invaderla, con l’esercito più temibile d’Italia. Si chiama Cesare Borgia, detto “il Valentino”, principe, duca di Romagna, capitano generale della Chiesa, figlio del papa e cugino del re di Francia.
Dodici anni dopo, alleanze sono state strette e rovesciate, molto è accaduto, ma la Repubblica del Giglio rosso non è né più forte né più salda.
Come si vede, perfino in questa sintesi essenziale abbondano temi adatti a sviluppare una trama coinvolgente, per un ottimo writer di sceneggiature per il grande e il piccolo schermo (in coda, il ricco cine-tele curriculum di Bernini e i precedenti narrativi).
L’autore confessa che non si sarebbe cimentato nel raccontarlo narrativamente, se nella vita di Machiavelli non avesse percepito qualcosa che devierebbe con tanti: la frustrazione. Una mortificazione che nasce dal conflitto, “a volte totale”, tra quello che si ritiene importante, ciò che si spera e quanto la vita ci consente di fare.
Questo mi ha aiutato a vederlo nella sua complessità di uomo, in maniera diversa da come viene immaginato abitualmente. Mi ha sostenuto anche la consapevolezza che tutti noi prima di diventare in un modo siamo stati in un altro, spesso molto differente, e che un tale percorso è rivelatore.
La notte del 5 ottobre 1502, il gonfaloniere Pier Soderini invia le sue guardie da messer Niccolò per convocarlo a Palazzo Vecchio.
Il numero uno della Repubblica affida un incarico al segretario, un po’ lusingandolo per l’acume dimostrato nella recente ambasceria fiorentina presso il Valentino, un po’ rinfacciandogli i forti debiti contratti, anche per correre dietro alle gonne (povera Marietta, sposa da appena un anno e già madre).
“Quel demonio è insaziabile”, insiste Soderini e Machiavelli capisce che si riferisce al Borgia. Non gli basta aver conquistato la Romagna, ora fa base ad Imola, a due giorni di cavallo da Firenze. Con i soldi del padre pontefice sta riunendo un esercito mai visto. Fa credere di volersi impadronire di Bologna, ma nasconde il vero obiettivo, secondo il Gonfaloniere: “è di nuovo noi che vuole”.
Le terre della Repubblica sono le più adatte a formare un regno con gli Stati che possiede (un Risiko d’antàn). È in Valdarno che vuole avanzare, alla testa di tanti armati, guidati dai migliori condottieri, Vitellozzo Vitelli, Paolo e Francesco Orsini. L’anno prima, si erano avvicinati in un’amen a Campi, a soli otto chilometri da Firenze e le violenze avevano seminato sgomento.
Soderini assegna a Niccolò il ruolo di semplice mandatario presso Cesare. Non ambasciatore, non portavoce, deve spiare da vicino le mosse del Borgia, ma lo stipendio è allettante.
Quando il fiorentino si ripresenta al Valentino, lo spagnolo è seduto sopra una sorta di trono, appoggiato su un gomito, impegnato a parlare in tono secco e sbrigativo in valenciano. È sempre pieno di energia. Accucciato al suo fianco, un enorme mastino grigio, con un collare di cuoio irto di punte. In disparte, seduta accanto al camino dove arde un fuoco, una giovane donna dalla pelle candida legge un libro. Ha capelli biondi intrecciati dietro la nuca in un’acconciatura elaborata, un vestito color lavanda, finemente arabescato. Lo sguardo intenso.
Machiavelli, mi ricordo di voi, avevate uno sguardo impertinente, non uno dei soliti diplomatici eunuchi.
Una spy story rinascimentale, anche un romanzo di formazione: la crescita di un grande della politica e delle lettere. Un percorso interessante e riuscito tra caratteri complessi (il duca Valentino) e figure da narrativa romance, la giovane Dianora, “al servizio” di Cesare.
E poi la genesi un capolavoro, De Principatibus, perché un titolo in latino è necessario per dare serietà allo scritto, come sosterrà lo stesso Cesare, a immagine e somiglianza del quale, Niccolò, arrivato come spia e diventato ammiratore, costruisce il modello del governante ideale.
“Il principe” venne pubblicato postumo, conobbe nei secoli una fortuna crescente, è considerato una delle più acute analisi del potere.
Così conclude Franco Bernini, viterbese, classe 1954. Ha scritto il soggetto de Il portaborse e numerosi film, tra i quali Notte italiana, Domani accadrà, Un’altra vita, Chiedi la luna, Sud, La lingua del santo, A cavallo della tigre, A casa nostra. Per la televisione, ha sceneggiato Adriano Olivetti, Rocco Chinnici, Aldo Moro, il professore. Ha sceneggiato e diretto Le mani forti, presentato al Festival di Cannes, nomination al David di Donatello, Grolla d’oro alla sceneggiatura e, per la televisione, Braibanti, Sotto la luna e L’ultima frontiera. Ha scritto i romanzi La prima volta e A ciascuno i suoi santi, oltre a vari racconti.
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