Imitazione di Cristo
- Autore: Tommaso da Kempis
- Genere: Religioni
- Categoria: Saggistica
Nel Capitolo XIV de “Il Libro rosso”, Jung non solo rivela il suo fascino per i libri medievali, ma si mostra innamorato, verrebbe da dire, della figura del Cristo. Durante il suo viaggio immaginario, egli si ritrova all’interno di una sala di lettura della biblioteca. Vuole leggere un libro devozionale: l’“Imitazione di Cristo” di Tommaso Kempis, poiché per lui tale lettura implica la possibilità di rompere definitivamente con una sorta di rigido razionalismo. In sostanza, per lui l’unico modo per uscire dalla crisi che inquietava la sua epoca e che stava sfociando nella prima guerra mondiale, è quello di farsi Cristo, affrontando tentazioni, dubbi, peccati.
E questo soltanto un riferimento per indicare la sapienza e la saggezza racchiuse in questo straordinario libro del medioevo che ha avuto un’accoglienza paragonabile a quella del Vangelo. Non a caso Bossuet lo definì il
“quinto Vangelo”
una vera e propria guida di crescita spirituale e di conoscenza, a prescindere dalle specifiche convinzioni di ciascuno. Poiché il libro non porta sul frontespizio il nome di chi lo scrisse, gli studiosi hanno fatto in merito diversi nomi. Alcuni l’attribuiscono all’italiano Giovanni Gersenio (c. 1180-1240); altri, verosimilmente lo riferiscono al fiammingo Tommaso da Kempis (1380-1471). L’operetta è articolata in quattro libri suddivisi in diversi capitoli; è all’interno di ciascuno di essi che si trovano esposti, progressivamente numerati, pensieri di massima trasparenza e lucidità che sollecitano a riflettere più che a indottrinare. Diverse le edizioni disponibili! Quella in mio possesso è stata stampata dalla casa editrice Messaggero di S. Antonio (Padova, 1993/1994, riveduta e corretta dal traduttore Vergilio Gamboso). L’Introduzione, condensata in poche pagine, è scorrevole e puntuale nel saper cogliere il pregio come appassionato invito, rivolto agli uomini, ad attaccarsi alle realtà essenziali della vita, fuggendo il fascino ingannevole del mondo. Il monito dell’autore contro ogni sorta di potere, sicuramente un monaco per l’edificazione dei monaci, è deciso:
“Conoscersi a fondo e disprezzare se stessi. È grande sapienza e perfezione reputarsi un nulla, e nutrire per gli altri sempre buona e alta stima (…). Tutti siamo fragili, ma tu sii convinto che nessuno pi fragile di te” (libro I, cap. 2).
Il tono pedagogico-spirituale, che fa leva sul raggiungimento della propria maestria, coinvolge e comunica parole di profonda interiorità in contrasto coi rumori del mondo. La sola teoria, ancorché atta a contrastare l’ignoranza, conduce facilmente all’idolatria, alimentando l’orgoglio e inaridendo le capacità emozionali. A dirla con Jung l’“Imitazione di Cristo” è un grido di allarme, contro lo “spirito del tempo”, dominato dalla superficialità e dalla mediocrità. L’attenzione cade su questo pensiero che sintetizza l’unione della vita contemplativa con quella attiva:
“L’uomo interiore si raccoglie spontaneamente, perché non si disperde mai tutto nelle cose esteriori. A lui non è di pregiudizio l’attività esterna e quelle occupazioni che sono di tempo in tempo necessarie, perché sa adattarsi sempre alle circostanze” (libro II, cap. 1).
È Dio a rimanere lo scopo della vita e a Lui ci si accosta con la preghiera e con la rettitudine. E si potrebbe affermare che vi campeggia, con presenze soffuse di lirismo, la visione agostiniano del “rientrare in se stessi”. Amoroso è il colloquio tra Dio e l’anima: ha il gusto d’una profonda e intima psicologia, mentre è l’ultima parte a soffermarsi, senza mai scadere nella retorica, sul mistero eucaristico.
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