In canto a te
- Autore: Lucianna Argentino
- Categoria: Poesia
- Anno di pubblicazione: 2019
L’Occidente deve sopportare il peso e le conseguenze di un errore fatale: aver creduto di poter separare la psiche, l’anima, dal corpo, demonizzato e bruciato nei roghi come tristemente sappiamo, e si trattava in gran parte di corpi di donne. È doveroso ricordarlo di fronte a una silloge che celebra l’amore, nel quale il corpo e il desiderio che lo abita ritrovano il posto che loro spetta: In canto a te di Lucianna Argentino (Samuele editore, 2019, pp. 99) con prefazione di Gabriella Musetti.
La scissione comporta la negazione della parte svalutata, il femminile, oltre a una dolorosa reificazione pervasiva di tutti gli ambiti dell’esistenza, tutto cioè diventa "cosa", materia inanimata, dal lavoro umano ai sentimenti, alle pulsioni. È una festa del cuore e della mente quindi leggere:
"Strega folle brucio sul rogo del suo corpo,
sfavillo felice sotto il crepitìo delle sue mani
ardo di sapienza verticale
nella combustione dell’abbraccio esotermico
– lui il legno io la pietra focaia.
Danzo il sabba senza giudizio
attorno al fuoco mistico del noi veggente
l’estasi terrena – io e lui complici
nell’infinita scienza della carne.”
Il libro, con una scrittura limpidissima e la verità di chi ha compiuto un cammino per raggiungerla, può essere accostato alla grande stagione della cultura e della poesia rinascimentale - infatti in esergo troviamo alcuni versi di Gaspara Stampa - tempo in cui alla corte di Lorenzo il Magnifico tornavano il "paganesimo", la sacralità del corpo, l’antichità classica secondo la quale ogni cosa era piena di dei (Talete).
Ma l’amore per la poetessa si sposa splendidamente anche con i sentimenti dei mistici cristiani assimilati al suo discorso amoroso particolare e pure universale (Angela da Foligno, anch’essa citata) e con episodi evangelici, per esempio la scena dell’emorroissa guarita per aver toccato le vesti del divino Maestro. Anche l’amore è una ferita che il corpo dell’amato sana.
La "gazzella d’occidente", benedetta dall’uomo nella fusione del corpo-anima, può raccontare all’uomo il mondo, la città anche nei suoi aspetti più penosi, i mendicanti sotto i ponti, oltre che la bellezza e la vita che pulsa ovunque. È un dare e un ricevere simultaneo, un rispecchiamento:
“confidando di conoscere la mia verità
attraversando la sua”.
Numerosissime le metafore per raccontare la realtà di due in uno, proiettati dovunque, cosmici, come:
"
S’innalza e s’abbassa
spinge e si ritrae
lui-mare
sottomesso alla luna.”
Siamo nell’età dell’adolescenza, la prima parte del libro è fiamma del primo amore, ma l’amore è conoscenza come ben sottolinea Gabriella Musetti. I ragazzi si sa vivono e non sanno, sebbene l’istinto e la passione suggeriscano la sapienza unitiva e l’appartenenza. L’amore anche se vero sbaglia:
"Assieme a lui ha imparato che se si sbaglia per amore è come la quiescenza vegetale dell’albero, in autunno, al cadere buono delle foglie. E chi dice che il vero amore non sbaglia si sbaglia perché l’amore ha un cuore divino, ma ha mani umane.”
È un destino: l’Eden deve essere abbandonato. È nell’assenza che si comprende il valore di quanto è perduto. Non diversamente qui. L’odissea amorosa vive il distacco. I due, crocifissi dai loro silenzi, dal non detto, dalla soggezione alle convenzioni si ritrovano nel tempo in cui i frutti maturano, dopo decenni vivono la grazia di una nuova stagione:
"Lui […] Sentiva nelle crepe della pelle germinare i cotiledoni
di nuove fioriture all’acqua, all’aria, al calore di lei fatta sua serra.”
Ma accade insieme alla sofferenza del dubbio, al
"timore del vino nuovo in otri vecchie".
Molte sono le pagine di prosa poetica. In prosa Argentino usa la terza persona, forse la prosa consente un maggiore distacco, un ragionare a tre passi di distanza mentre la poesia esige il legame intimo della prima persona.
Il paesaggio d’anima accompagna sempre il percorso degli amanti come il fondale misterioso di un quadro. La natura testimone, affine alla carne, si fa pensiero, suo preludio:
"Non hanno lettere le parole
che le sue mani tracciano sul mio corpo.
Sono fuoco aria acqua terra
elementi primi di ciò che nasce e si separa
– quadruplice radice di ogni pensiero
che in noi si fa carne incorruttibile
e gioca con la sana imperfezione del tempo
– noi sfera dell’universo in espansione
nella materia oscura del nostro domani.”
Qui si legge il prologo del Vangelo di Giovanni, dove il logos si fa carne, “verbum caro factum est”. Si legge la gloria del corpo risorto, “carne incorruttibile”, come nell’Apocalisse.
Nei versi finali l’artista rilegge mirabilmente il mito di Orfeo ed Euridice, capovolgendone il senso e il risultato:
"Sconfinò in lui il regno che lei gli porgeva
s’avviarono così, con una corrente di risacca alle caviglie,
lungo un’altura ancora senza nome ma, istante dopo istante,
battezzata da una luce futura e in quel cammino di poco lui la precede
e senza guardarla le tende la mano.”
Il non amore non ha partita vinta, vince la fiducia e il miracolo delle mani unite.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: In canto a te
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