In uno Specchio, in un Enigma di Jostein Gaarder

È la sera di Natale in un piccolo paesino sperduto della Norvegia e Cecilie Skotbu è costretta a letto da una brutta malattia. La famiglia continua a preparare la casa per la festa imminente e Cecilie partecipa grazie ai rumori che la casa è capace di trasmettere e agli odori che corrono su per le scale. La notte scende e la bambina cade presto in un sonno beato, ma qualcuno la sta aspettando: è Ariel, un angelo di Dio sceso sulla terra per vegliare su di lei e farle compagnia. Cecilia, per nulla spaventata dalla sua presenza, inizia ad indagare sulla vera natura del nuovo arrivato riempiendolo di domande.
La curiosità di entrambi nei confronti del mondo in cui l’altro vive diventa il fulcro della narrazione di In uno Specchio, in un Enigma (Longanesi, 1999, traduzione di Roberto Bacci): Ariel cerca di farsi spiegare da Cecilie cosa vuol dire avere un corpo fatto di ossa e carne, cosa vuol dire ricordare gli avvenimenti e richiamarli alla memoria, che gusto hanno la neve e il Natale, che sensazioni comporta toccare un oggetto, in pratica cosa vuol dire essere un "essere umano". Cecilie invece cerca di capire i segreti celesti conoscendo più a fondo le figure degli angeli (che come ci racconta Ariel amano parlare di quelli che si trovano "al di là dello specchio") e di Dio, il mistero della creazione e dei primi uomini.

“Tutto il creato è uno specchio, Cecilie. Tutto il mondo è un enigma”: la discussione tra Ariel e Cecilie parte dal fatto che i due bambini coinvolti appartengono a due realtà opposte che si trovano a coesistere grazie alla magia nascosta nel Natale e alla situazione medica di Cecilie (costretta a letto e lontana dai festeggiamenti della famiglia). La naturalezza e l’intelligenza di questa bambina norvegese sono capaci di trattare con disinvoltura temi fondamentali come il ciclo vitale di un essere umano (e perché no anche la morte) mentre le parole del piccolo angelo Ariel (immaginato con le sembianze di un bambino) ribaltano quasi le credenze più antiche legate a un mondo e a un Dio extraterreni, rendendolo quasi umano per alcune sue reazioni (come il riconoscere che avrebbe potuto organizzare diversamente la Creazione). Dolcezza e semplicità accompagnano questa lettura introspettiva proposta da Jostein Gaarder, che cerca di riportare l’accento sulla capacità di ogni bambino di stupirsi per qualsiasi avvenimento, anche quello più piccolo. Secondo l’angelo Ariel infatti ciascun adulto ha dentro di sé un bambino con cui non deve mai perdere il contatto: è un’importante lezione di vita che ci ricorda che le meraviglie non smettono di esserci quando diventiamo adulti.