Lo scrittore umbro Nicola Mariuccini ha appena pubblicato “Io ti porterei”, romanzo edito da Castelvecchi. Dopo aver recensito il libro, intervistare l’autore era la migliore occasione per conoscere meglio uno scrittore di talento e presentarlo ai lettori di Sololibri.
- Benvenuto Nicola. Andando un po’ a ritroso nel tempo, quando e come è nata la sua passione per la scrittura?
Nel 2015 ho avvertito il bisogno di convertire la passione per la lettura che ho fin da bambino in produzione scritta. Questo sia perché sentivo di aver cose da raccontare, sia anche perché avvertivo, da lettore, il bisogno di sperimentare tecniche espressive che superassero la cultura della narrazione per come oggi viene interpretata: una voce narrante a volte melliflua e manipolatoria troppo spesso incapace di indagare i traumi interiori dei personaggi, come invece possono emergere da un dialogo serrato e inquisitorio. In Avrai vent’anni tutta la vita il dramma vissuto da Luigino Scricciolo è finito a teatro, in un’opera con Thomas Trabacchi di e con Francesco Bolo Rossini, che mi ha fatto molto piacere vedere rappresentato sul palco.
- Dopo “La prigione di cristallo”, “Nighthawks” e “Niños”, eccoci a “Io ti porterei”. Com’è nato il nuovo romanzo?
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Circa due anni fa ho avvertito la necessità di ricercare le mie radici familiari a ritroso lungo la strada che mia nonna aveva fatto per scappare da una vita e da una città che le era divenuta invivibile. Delusa, avvilita, perseguitata. È morta da sola sepolta in un luogo incerto che solo a seguito di lunghe ricerche è venuto a galla.
Sono riuscito a riportarla “a casa” in un percorso più amministrativo che reale. Il romanzo è il sogno di un viaggio, mai realmente compiuto, a ritroso, su e giù per la storia del paese con l’idea e la speranza di ricomporre i pezzi anche della mia stessa storia personale.
- Molto ruota intorno alla figura di Liboria, per tutti Nilde. Cosa rappresenta questa donna per i figli, il nipote e anche per noi lettori?
Era una donna indipendente, coraggiosa e sicura del fatto suo che ha pagato con la solitudine e l’additamento sociale, e le umiliazioni pubbliche, il suo voler essere una persona libera e capace di poter decidere sulla propria vita, sull’inizio e sulla fine dei suoi amori.
Ha amato e accudito i suoi figli finché ha potuto, ma le sue scelte l’hanno costretta a fuggire e a restare in esilio anche dopo morta.
- In “Io ti porterei” le vicende principali si snodano a Conca Valbruna. Quali sono le caratteristiche geografiche ma soprattutto sociali del luogo? Perché da lì poi Nilde fugge?
Nonna è morta di cancro e di artrite reumatoide deformante, contratta nelle risaie del nord dove si era trovata a lavorare, dopo aver risalito la linea gotica al seguito degli alleati.
Conca Valbruna può essere probabilmente qualsiasi città del centro Italia, in cui vigevano leggi e consuetudini mortificanti per le donne che non accettavano di cadere vittime della morale violenta della “vox populi”.
- Il suo romanzo è ben definito anche temporalmente. Prima la crisi del ‘29, poi il fascismo, quindi la Seconda Guerra Mondiale e la Liberazione. Quali gli eventi che lei ha voluto sottolineare maggiormente soprattutto in riferimento alle vicende narrate?
È il 1910 quando nonna nasce da una relazione extra coniugale del padre di cui lei verrà a conoscenza solo in avanzata adolescenza. Questa scoperta deve averle impresso la precisa volontà di farsi presto una vita sua, di diventare la protagonista della sua vita. La povertà vissuta nelle città dopo la crisi del ‘29, affrontata malissimo dal regime fascista, le strinse intorno alla vita un cilicio insopportabile. In certe circostanze se non ti pieghi ti spezzi, nonna preferì spezzarsi e pagò durissimo.
- Chi sono il padre e il figlio che riportano la nonna, decenni dopo la sua morte, nella tomba accanto a quella del marito?
Siamo io e mio padre, rimasto praticamente orfano a 7 anni dopo aver perso anche suo padre, mio nonno, morto di vino e di dolore per la fuga della sua amata sposa. Ho cercato finalmente di entrare fin dentro al suo dolore, serbato per tutta la vita che non ero mai riuscito ad afferrare del tutto da figlio.
- Cosa rappresenta per loro, ma anche per lei, quel viaggio?
Arriva un momento della vita dove hai bisogno di sistemare le cose per andare avanti. Fermarsi e farsi le domande vere, quelle che ti avrebbero permesso di capire più di quel che hai vissuto e che forse per questo non ti sei mai fatto. Era ora di farsele.
- Cosa vorrebbe ancora dire ai lettori che si avvicinano al romanzo?
Di non lasciarsi sorprendere dal fatto che questo libro è una storia soprattutto divertente come era in fondo logico, per come era la personalità ironica e debordante di mio padre, con cui compio questo viaggio letterario che non ho fatto in tempo a fare realmente.
Recensione del libro
Io ti porterei
di Nicola Mariuccini
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Nicola Mariuccini, in libreria con il romanzo “Io ti porterei”
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