

Segnalato per il Premio Strega 2025, l’ultimo libro di Emiliano Sbaraglia, Leggere Dante a Tor Bella Monaca (E/O, 2025), fa entrare il lettore in una classe della periferia romana, guidato da un professore preparato, coraggioso e competente che mostra ai suoi studenti tutta la meraviglia celata dietro i versi del Sommo Poeta.
Intervista a Emiliano Sbaraglia
- Il titolo del libro non può che far pensare a Leggere Lolita a Teheran. Leggere Dante Alighieri è una sfida importante, in una scuola di frontiera, facendo un percorso a ragazzi di scuola media; cosa ha lasciato a te professore, come esperienza educativa?


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La consapevolezza che nessun argomento deve essere escluso a priori. Si può insegnare tutto dappertutto, cercando di trovare la chiave giusta. Non è detto che vada sempre tutto bene, che ogni proposta sia adatta alla classe che ti trovi di fronte. Ogni classe è diversa, ogni alunno è diverso. Per fortuna, aggiungo. E questa diversità sta a noi insegnati trasformarla in ricchezza. Fa parte del nostro lavoro.
- La descrizione di luoghi, strade, edifici, famiglie, ragazzi di ogni provenienza, dà a chi legge il tuo libro la sensazione di immergersi in un universo che appare lontano da quanto un’opinione pubblica distratta sembra percepire. Eppure la scrittura riesce ad arrivare, quando è sincera. Sei d’accordo?
Credo di sì, spero di sì. Ho scritto questo libro senza pensare a uno stile di scrittura, ma con l’intenzione di riuscire a descrivere certe sensazioni provate in questi anni, e di restituire alcune delle tante emozioni che ancora conservo dentro di me, nella maniera più diretta possibile. Sono contento che molti lettori stiano cogliendo questo aspetto del libro.
- Professori come te, appassionati e competenti, aperti e coraggiosi ce ne sono pochi. Che rapporto hai avuto con i colleghi, che nel tuo libro non compaiono quasi?
Nel libro volevo dare spazio soprattutto agli studenti, far vedere le loro condizioni, far conoscere i loro sentimenti. Professori bravi ce ne sono tanti, in ogni luogo. Il problema è che, quando alcuni di noi non lavorano nella maniera dovuta, in determinati contesti scolastici possono complicare l’attività anche di chi cerca di operare in un certo modo.
Con i miei colleghi ho avuto un bel rapporto, "il gruppo storico" è sempre stato molto unito; poi ci sono le diversità di opinioni, le divergenze magari sui provvedimenti da prendere, che certi professori si ostinano a chiamare "punizioni". Per me non c’è nessuno da punire, neanche nei casi più estremi. Si possono trovare altre formule, intervenire sulle motivazioni di determinati comportamenti. Molti degli studenti che ho voluto raccontare sono già stati puniti dalla vita.
- I dialoghi con gli studenti, il loro romanesco di periferia, la simpatia che molti dei ragazzi mostrano malgrado una condizione socio-familiare spesso difficile, sono la parte più coinvolgente del libro. Pensi che Dante, Petrarca, la poesia, il senso del bello, possano essere la “cura” per chi ha avuto scarse occasioni di riscatto?
Non credo che Dante, Petrarca o la letteratura in genere possano curare situazioni concrete, la quotidianità con cui ogni giorno questi ragazzi sono costretti a fare i conti. Questo però non significa che non abbiano il diritto di conoscere i padri della lingua che parlano, seppur in dialetto.
Nelle zone difficili spesso si è portati, inevitabilmente, a mettere al primo posto la vigilanza della classe e la sicurezza degli ambienti, evitando il più possibile il degenerare degli eventi. Ma tutto questo non deve andare a discapito della didattica, anche di quella più tradizionale. Per me ogni cittadino italiano, di qualsiasi origine e provenienza, deve conoscere chi è Dante Alighieri, quanto sia importante e cosa rappresenti nella storia della nostra letteratura. Non solo nazionale.

Recensione del libro
Leggere Dante a Tor Bella Monaca
di Emiliano Sbaraglia
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Emiliano Sbaraglia, in libreria con “Leggere Dante a Tor Bella Monaca”
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