

Leggere Dante a Tor Bella Monaca
- Autore: Emiliano Sbaraglia
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: E/O
- Anno di pubblicazione: 2025
Chi non ha insegnato lettere a scuola, chi non ha fatto le gite scolastiche con gli alunni, chi non si è misurato con problemi sociali, familiari, politici, che dentro le scuole emergono ogni momento certamente non riuscirà a immedesimarsi fino in fondo con Leggere Dante a Tor Bella Monaca (2025), che lo scrittore e insegnante Emiliano Sbaraglia pubblica per E/O. Segnalato per il Premio Strega 2025, questo romanzo breve è prezioso per ogni riga, per ogni personaggio, per ogni gesto, per ogni proposta, per ogni sconfitta che viene raccontata con onestà e trasparenza.
Gli insegnanti della scuola pubblica sono funzionari dello Stato, non benefattori o missionari, e si impegnano con onore a portare avanti il compito difficilissimo che è stato loro assegnato, portando nelle loro classi , ai ragazzi che le frequentano malgrado i tanti abbandoni, la loro esperienza di adulti, di laureati, di professionisti della materia che fa parte del loro impegno. I migliori, e ce ne sono tanti, fanno molto di più, portando in classe passione, umanità, competenza, impegno che ne determinano l’empatia con i ragazzi e spesso la loro stima.
Emiliano Sbaraglia, dopo aver insegnato come precario all’Università, ha scelto di trasferirsi in una scuola media nel quartiere, per chi non è romano, poco conosciuto: Tor Bella Monaca.
La periferia viene percepita come luogo di confine, catalogata alla voce frontiera, dove l’emarginazione si abitua a fare i conti con il senso di abbandono, la consapevolezza di essere dimenticati, rimossi da una società cosiddetta civile, rappresentata da istituzioni che si fanno vedere quando conviene, non quando serve. Allora il disagio si trasforma in rabbia, sfogata tirando fuori tutto quello che ognuno si porta dentro.
Non c’è miglior descrizione di questa, per inoltrarci nell’esperienza umana del professore in una terza media, con ragazzi che spesso sono grandi, ripetenti, estranei a ogni stimolo culturale, relegati in una logica di miseria sociale, di deprivazione affettiva, di mancanza di strumenti linguistici, di assenza di ogni curiosità che non sia legata ad un quotidiano di poche parole, un gergo dialettale, una assenza di bellezza, una mancanza di speranza di uscire da una sorta di ghetto lontano chilometri dalla capitale di cui sono ignari cittadini. Le storie che racconta Sbaraglia sono interessanti per chi legge, tragiche per chi le vive, difficili e dolorose per chi, come il professore, tenta di invertire percorsi perdenti che sembrano irreversibili.
Il progetto di scegliere la Divina Commedia, da affiancare alla grammatica e al programma ministeriale, pone il docente a confrontarsi con le solite difficoltà: chi glielo fa fare, troppo difficile, i ragazzi devono affrontare l’esame di stato per prendersi il famoso pezzo di carta, Dante a che serve…
Eppure il racconto delle lezioni in aula, in cui questi ragazzi per la prima, e si teme l’ultima volta, sentono parlare del “Padre della lingua italiana”, incontrano la poesia allo stato puro, si incantano di fronte a Paolo e Francesca, (“‘na zoccola!”), è stupefacente. Allora Danilo, Kevin, Samuel, la nigeriana Beatrice, Nicolas, Giovanna, interloquendo nel romanesco di periferia, ascoltano il prof che parla di un mondo sconosciuto, che racconta del giovane Dante che si innamora di Beatrice, di Boccaccio, degli amici di Dante, Guido, Cino, Forese, dei versi che componevano, proprio come i rapper… Ecco allora l’invito a scuola di Frank, che racconta come nascono i versi dei cantanti che i ragazzi ascoltano nelle playlist dei loro smartphone: il passato si coniuga con il presente, la cultura dei libri con l’attualità delle esperienze vissute.
Dante vive nella fantasia dei borgatari di Tor Bella e il sogno di un viaggio a Firenze, la città di Dante, si avvera. Per ragazzi che non sono mai usciti dal quartiere che sembra un recinto, il treno, la stazione, lo splendore di Firenze, la disponibilità del prof che li segue, li stimola, li accompagna in questo unico vero itinerario conoscitivo, novello Virgilio per i suoi ignorantissimi studenti, appare un miracolo che commuove. Credere nel proprio lavoro, sapere che dare tutto può avere buoni risultati ma anche sconfitte, dedicare ai ragazzi la propria passione perché in questa possano almeno un po’ rispecchiarsi, è questo quello che l’autore del libro fa passare nelle sue pagine coraggiose, senza mai lamentarsi di una situazione, quella della scuola pubblica italiana, che andrebbe valorizzata e incoraggiata.
Finito l’anno scolastico, superati gli esami, i ragazzi chiederanno al McDonald’s al prof “Come finisce la Divina Commedia?” Loro sanno che quel libro prezioso lui se lo porta sempre dietro.
A l’alta fantasia qui mancò possa; / ma già volgeva il mio disio e ‘l velle, / sì come rota ch’igualemente è mossa, / l’amor che move il sole e l’altre stelle.
“Ammazza professo’, ma lo sai che è proprio bello?”

Leggere Dante a Tor Bella Monaca
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