Tra gli addetti ai lavori dell’ultima edizione della Fiera Nazionale della Piccola e Media Editoria di Roma Più libri Più liberi c’era Pierfranco Bruni, Presidente della Commissione per il conferimento del titolo di “Capitale italiana del Libro 2024“, componente del Comitato nazionale per il centenario della morte di Eleonora Duse nonché relatore del Progetto nazionale dedicato al filosofo Manlio Sgalambro a 100 anni dalla nascita. Molti incarichi importanti nel passato come direttore del Ministero Beni Culturali, già componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’Estero.
Pierfranco Bruni, calabrese di nascita, scrittore, poeta e critico letterario, esperto di Letteratura dei Mediterranei, ha pubblicato diverse opere dedicate ai grandi del Novecento, tra cui:
- Kafka, la verità tragica (Solfanelli, 2024),
- Eleonora Duse (Solfanelli, 2024),
- Luigi Pirandello, il tragico e la follia (Nemapress, 2016),
- Camus, in solitudine d’esilio (Solfanelli, 2024),
- Manlio Sgalambro. L’empietà del greco siculo (Pellegrini, 2024),
- Elio Vittorini, la sfida dello scrittore (Nemapress, 2008),
- Leonardo Sciascia (Nemapress, 2021),
- La poetica e il linguaggio di Sandro Penna (Pellegrini, 2008).
Ha dedicato alcuni saggi a Cesare Pavese, tra cui:
- Cesare Pavese. Il mare, le donne, il sentimento tragico (Pellegrini, 2008),
- Il viaggio omerico di Cesare Pavese (Il Coscile),
- Amare Pavese (Pellegrini, 2018),
- La profezia del bosco (Pellegrini, 2023).
Cesare Pavese visto da Pierfranco Bruni
Il racconto di Pavese di Pierfranco Bruni è un percorso in cui gli archetipi della sua infanzia ritornano costantemente a fare luce all’interno della sua inquietudine - foresta. Si racconta degli amori e, in particolare, di Constance Dowling, il suo ultimo amore, che darà i versi di Verrà la morte. Un’originalità straziante che Bruni mette in evidenza attraverso un sostegno mistico e antropologico-umanistico di un Pavese che tenta di percorrere i labirinti dell’anima.
Pierfranco Bruni è convinto, e in questo lavoro è sottolineato, che il Novecento letterario, nella sua complessità, si apre con D’Annunzio e si chiude con Pavese. Un viaggio tra l’estetica e il mito in una saggezza tra Mediterranei e Oceani. In questo navigare il linguaggio pavesiano si incontra, soprattutto, la differenza tra il senso di disperazione e di tragico, il cui centro è dato dalla conoscenza profonda di Nietzsche, sul quale Pavese ha dedicato molto del suo lavoro.
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La poesia di Cesare Pavese è una ferita aperta in Pierfranco Bruni poeta. Il loro incontro è un invito mai mancato. È come un appuntamento silenzioso e costante. L’anima poetica di Bruni lascia le vesti del critico e indossa quelle algide e magmatiche di chi sente il "fuoco" prometeico della poesia.
Ci sono capitoli in cui la voce di Pierfranco si confonde con quella di Cesare, senza mai sostituirsi a lui, ma calcando i ritmi di quel cuore e di quei versi scavati nei vissuti e librati nell’onirico e nel simbolico. Così "le parole attraversano il silenzio" e ricreano una tessitura, come ama dire Bruni nel suo poetare
[...] a volte capita che riavvolgi le ore / e ti trovi tra le mani il tempo. Incommensurabile [...] ritorna nel destino di luce / d’alba a rimuove ogni tramonto / lungo la via della profezia.
Questa è la profezia del "bosco" poetico! (dalla prefazione di Marilena Cavallo).
L’intervista a Pierfranco Bruni
Alla conclusione della Fiera Nazionale della Piccola e Media Editoria ho avuto il piacere di porre alcune domande a Bruni su Pavese uomo e Pavese scrittore. Quella che segue è l’intervista.
- Pierfranco Bruni, di te è stato scritto che vivi la letteratura come un modello di antropologia religiosa. Una suggestione per definire chi studia i legami tra letteratura e favola, tra letteratura e mondo sciamanico, linguaggi e alchimia. Con questo approccio hai scritto i tuoi saggi su Cesare Pavese?
Cesare Pavese è uno scrittore che a primo acchito sembra di facile lettura. Non è così perché presenta una complessità di fattori che chiamano in causa questioni antropologiche e non solo letterarie pure. Non si può affrontare con gli strumenti della critica letteraria soltanto. Quando si entra nel campo antropologico si toccano i limiti e non limiti della filosofia. Con questo obiettivo metodologico ho cercato di entrare nel vissuto e nella scrittura di Pavese, partendo dalla poesia che resta una grande poesia innovativa.
- Ne La profezia del bosco affermi, citando lo spirito greco Dòlos - quello degli inganni - e Mètis - l’astuzia dell’intelligenza - “che non siamo figli della storia, ma del mito e che Pavese è un suo abitante”. Pavese uomo e Pavese scrittore sono distinti o per comprendere la sua opera è necessario conoscere la sua biografia? Per questa ragione Pavese ha reso pubblici i diari de Il mestiere di vivere e ha lasciato ai posteri le sue Lettere?
Il mito è la parte fondamentale della sua scrittura. Scrittura come vita. Senza il mito non si arriva alla poesia. Ci ha insegnato. Concordo pienamente con questa linea. Amore e morte sono riferimenti centrali come sono tali anche il tempo e il ricordare. Il suo Mestiere di vivere è il testo più importante del Novecento. È un raccontare per immagini e per autobiografia. In questo gli archetipi affiorano costantemente. Le Lettere sono una consequenzialità, soprattutto quelle scritte da Brancaleone. Bisogna sempre conoscere la biografia di uno scrittore per comprendere.
- Con il saggio Amare Pavese affronti il tema degli amori e delle donne difficili di Cesare, tra cui la relazione con l’attrice americana Constance Dowling alla quale aveva dedicato le dieci poesie di Verrà la morte e avrà i tuoi occhi. All’attrice il 17 aprile del 1950 Pavese scrisse: “Non sono più in animo di scrivere poesie. Le poesie sono venute con te e se ne vanno con te”. A volte in Pavese il sentimento tragico sembra volutamente costruito, una specie di rappresentazione scenica e teatrale. Qualcuna di queste donne lo accusò di recitare una parte.
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Cesare il sentimento del tragico lo ha sempre portato nell’anima. Tutti i suoi amori sono stati tali. Tutta la sua vita. Tutto il suo viaggio. Il suo Diario è testimonianza. Certo, Costance è stata una figura centrale negli ultimi anni. Ma egli si portava dietro altre storie e altre esperienze. Come il suo legame con Bianca Garufi, con la quale ha scritto il romanzo incompiuto Fuoco Grande. Si sbaglia chi dice che Pavese ha recitato una parte. Non conosce bene i suoi scritti. Purtroppo sono convito che Pavese ancora oggi non è stato capito nella profondità.
- La lettura delle Lettere 1926-1950 è interessante e svela, come del resto il Mestiere di vivere, la personalità di Pavese in quel chiaroscuro che è tipico dei poeti, ma pure del Pavese editor e grande animatore della casa editrice Einaudi. É uno spaccato del clima culturale, letterario e politico della prima metà del Novecento. A proposito di poeti stroncò le poesie di un giovanissimo Edoardo Sanguineti.
Ha fatto benissimo a stroncare Sanguineti. Non è poesia. Sono giochi di parole. La poesia ha una sua tradizione nella innovazione. Ma il gioco del mosaico delle parole senza senso vuol dire che la poesia non ha senso. Come tutta la poesia sperimentale degli anni fine Cinquanta. Eravamo alla crisi del linguaggio in quel tempo che è esplosa proprio con il Gruppo 63. Pavese aveva anticipato tutto. Anche per questo la critica letteraria non ha sopportato la sua visione della letteratura.
- Piero Calamandrei, dopo la lettura de La luna e i falò, scrisse di essere “rimasto ammirato e turbato [...] Questa è grande arte e poesia vera”. Ritieni che il suo ultimo romanzo – e pure La casa in collina - siano i più riusciti del Pavese narratore?
È difficile sostenere quale sia il più grande o importante romanzo di uno scrittore. Lo scrittore scrive sempre il proprio diario. Quelli di Pavese sono romanzi che hanno una continuità, è certo che Dialoghi con Leucò ha trasformato la letteratura italiana.
- Nel 1972 Pier Paolo Pasolini, conversando con Franco Fortini, definì Cesare Pavese uno scrittore mediocre e provinciale. Già nel 1954 Alberto Moravia aveva definito lo scrittore piemontese un decadente. Tu che ne pensi della stroncatura pasoliniana che ha lasciato molti estimatori dell’uomo delle Langhe con l’amaro in bocca?
Pasolini e Moravia hanno avuto sempre il difetto di applicare motivazioni ideologiche a ciò che leggevano. Pasolini nelle sue parole dimostra di non aver letto Pavese. Moravia praticava una letteratura divergente rispetto a Pavese, ma neppure lui conosceva Pavese. Stroncature banali da non tenere in considerazione.
- Le poche, scomode pagine del Taccuino segreto, scovato negli anni Sessanta tra le carte di Pavese da Lorenzo Mondo e pubblicato solo nel 1990, ancora oggi sollevano interrogativi e giudizi contrastanti tra i critici letterari, gli storici e i politici. Ma a ben vedere alcune riflessioni del Taccuino le troviamo in diversi romanzi di Pavese.
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Infatti. Ciò che si legge nei Taccuini è già in La luna e i falò. Ma anche ne Il carcere. È ancora una volta la testimonianza del fatto che non hanno letto Pavese nella complessità della sua opera. Non accettò mai la Resistenza. O la lesse e concepì diversamente. E questo è un fatto grave per la cultura dominante. Pavese non era uno scrittore di sinistra. Non fu marxista. Era un vichiano. Si contrappose a De Martino. Pubblicò Mircea Eliade.
- Un’ultima domanda a Bruni Presidente della Commissione per il conferimento del titolo di “Capitale italiana del Libro 2024“. La recente fiera del libro di Roma – Più libri. Più liberi – si è aperta e conclusa tra le polemiche. C’è bisogno di scandali per vendere libri?
Le polemiche da qualche anno si cercano. Bisogna leggere con la consapevolezza che molti libri formano. Non tutti. Alcuni deformano. Se si riesce a capire ciò... come a Francoforte. Ma la cultura vera resiste ad ogni urto. Bisogna smetterla con il relativismo e la leggerezza. I mezzi di comunicazione non dovrebbero dare spazio a polemiche sterili, ma invitare a una cultura robusta attraverso libri che fanno pensare.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Pierfranco Bruni intorno alla figura di Cesare Pavese
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