In un mondo in cui si cambia pelle ogni sette anni e con la pelle si perdono i ricordi, le emozioni, gli amori, e ci si rassegna a continuare a vivere uguali ma diversi, Rose Allington soffre di una malattia rara. Le mute stravolgono completamente la sua esistenza e ogni volta deve lasciarsi tutto alle spalle e reinventarsi: una nuova città, una nuova casa, un nuovo lavoro.
E così, dopo una brillante carriera come bodyguard per il celebre attore Max Black, e un’intensa storia d’amore con lui, adesso fa la commessa in un negozio di abiti di seconda mano nell’anonimato del Lincolnshire. Fino al giorno in cui Max torna a cercarla per chiederle di indagare sul furto di una preziosa collezione di pelli e per provare a riportare indietro le lancette del tempo…
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È questo l’intreccio che viene sviluppato nell’ultimo romanzo di Aliya Whiteley (Barnstaple, 1974), La muta (Carbonio Editore, traduzione di Olimpia Ellero), una storia perturbante e visionaria già vincitrice del Subjective Chaos Award come miglior romanzo fantasy e selezionata per il British Fantasy Award. Un libro che si fa anche provocatoria riflessione sull’amore: quanto si insinua dentro di noi, quanto è parte integrante della nostra vita? E una volta perduto, si può riaverlo indietro?
Per entrare più nel vivo della vicenda e conoscerne i retroscena dal punto di vista di chi l’ha ideata, abbiamo intervistato la scrittrice stessa, considerata una delle più originali e innovative della letteratura inglese contemporanea, e già autrice di romanzi, racconti, poesie e saggi pubblicati su diverse testate, antologie e siti letterari (tra cui The Guardian, Interzone, McSweeney’s Internet Tendency), già nota in Italia per La bellezza e L’arrivo delle missive, entrambi portati in libreria sempre da Carbonio Editore.
- Nell’universo in cui ha ambientato il suo nuovo romanzo, ogni essere umano subisce volente o nolente una muta ogni sette anni. Sembra uno scenario distopico inquietante e lontano dal nostro modo di vivere, eppure la biologia ci dice che effettivamente ogni sette anni tutte le cellule del nostro corpo si rinnovano davvero... Che sia anche questa una muta, a modo suo?
Avevo in mente proprio questo concetto del rinnovamento di tutte le nostre cellule, mentre scrivevo il libro. Penso che ci troviamo tutti in un processo di cambiamento nel corso tempo, sia sul piano biologico sia su quello fisico, quindi c’è qualcosa di attraente nell’idea di perdere la proprio pelle e avere la prova di essere completamente cambiati. Invece di sentire limitarsi a percepire che sono andati avanti, i personaggi de La muta ricevono un promemoria fisico di quanto sono diventati diversi e di cosa si sono lasciati alle spalle. All’inizio può sembrare un’idea strana, ma penso che offra molto spazio per esplorare il modo in cui in questo modo ci relazioniamo con il passato e con le nostre vite che cambiano.
- Come in ogni meccanismo che si rispetti, c’è un orologio rotto che mette tutto in discussione e che, grazie a una forma di estremizzazione, aiuta a riflettere sulle storture del paradigma in vigore. Nel caso specifico si tratta della Sindrome della Muta Estrema di Rose Allington, a causa della quale la donna cambia pelle secondo dei ritmi imprevedibili e sofferti. Non sarà anche questo un rischio al quale anche noi, forse senza accorgercene, andiamo incontro nel mondo iperveloce e liquido in cui viviamo?
Considerazione interessante. Penso che, se mai dovessi rivisitare il mondo de La muta e scrivere un’altra storia sulla perdita di pelle, vorrei esplorarlo di più, in particolare per ciò che riguarda i social media e le pressioni sociali, per esempio, casi in cui indossiamo tantissime pelli diverse, cambiandole continuamente. In un periodo storico di rapidi cambiamenti di atteggiamenti e di opinioni, il cambiamento può essere davvero improvviso e doloroso.
- Di personaggi tridimensionali come Rose, nella letteratura contemporanea, se ne incontrano ancora pochi. Dinamica, flessibile, empatica, dal carattere forte ma non duro, e contemporaneamente capace di recepire tanto i segnali più sottili quanto quelli più evidenti della società di cui fa parte... A quali modelli femminili si è ispirata per renderla tanto viva, tanto pulsante, tanto credibile?
Su di lei non avevo stabilito niente in anticipo. Ho iniziato a scrivere il primo capitolo e ho scritto le sezioni dedicate al suo presente come un’unica storia. Poi sono tornata indietro e ho scritto le sezioni precedenti, e i due elementi si sono riuniti e hanno cominciato a influenzarsi a vicenda, in modo che potessi vedere come era cambiata Rose durante la sua vita. Non avevo un modello o un’ispirazione precisa, oltre all’intento di farla percepire molto reale, senza affettazioni. Ho pensato che dovesse essere una persona piuttosto semplice e onesta, cosicché i cambiamenti di pelle che attraversava mostrassero sia i modi in cui lei stava cambiando sia i modi in cui restava sempre uguale a se stessa — e questo è stato il mio unico punto fermo.
- "C’è chi l’amore lo brucia e chi lo seppellisce. C’è chi lo tiene chiuso a chiave o lo nasconde sotto al letto. C’è chi lo vende", scrive lei nell’incipit del libro. E poi c’è chi di fatto non riesce ad accettare il fatto che possa morire, come Max Black, il cui attaccamento al passato ha un che di inquietante...
È inquietante, ma anche molto umano. Aggrapparsi al passato, o a un’idea di come dovrebbe essere qualcosa. Spero di essere riuscita a rendere comprensibili le azioni di Max, anche se sono così sconvolgenti. Mi piace molto scrivere della maniera sorprendete in cui le persone reagiscono agli eventi e ai sentimenti, e fra l’altro il suo comportamento acquista un senso anche agli occhi di chi legge, perché è ovvio che Max voglia aggrapparsi al passato. Il modo in cui tenta di farlo è orribile, ma credo che il suo istinto sia assolutamente comprensibile.
- Una visione così sfaccettata dell’amore, di coppia ma non solo, permette di porsi numerosi interrogativi sulla sua natura, sui suoi significati, sulla sua durata, sulle sue sfumature. Dopotutto, da secoli ci chiediamo se esista una vita dopo la morte: ma dopo l’amore? Una vita esiste ancora?
Sono contenta di avere avuto l’opportunità, nel romanzo, di presentare numerose sfaccettature dell’amore, tra cui l’amore che finisce e l’amore che riesce a sopravvivere. Non esiste una risposta facile a queste domande, dico bene? Ogni risposta deve essere individuale, ed è fondamentale che sia chi se la pone a trovarla per se stesso.
- Com’è cambiata la sua visione dei sentimenti nel corso della vita, è stata anche lei soggetta a qualche "muta"? E che effetto ha sortito nella sua percezione dell’amore portare a termine un romanzo come questo?
Di sicuro, crescendo, ho scoperto che la mia maniera di scrivere dell’amore è cambiata. C’era una volta in cui scrivevo storie d’amore piuttosto semplici e le concludevo nel momento in cui l’amore diventava reciproco. Ora mi rendo conto che c’è molto più di questo, nella vita e nell’amore. Resto sedotta tuttora dagli ideali che tendiamo a condividere tramite canzoni o storie semplici, quando si tratta di amore, ma c’è molto altro da esplorare, e negli ultimi anni mi sono divertita a fare proprio questo.
- Nell’allegoria elegante e così ricca di dettagli che ha costruito ne La muta, viene da pensare che un ruolo fondamentale abbia la facoltà dell’essere umano di compiere delle scelte, o la sua impossibilità ad avere un ruolo attivo negli episodi in cui è coinvolto nel corso della sua vita. Quanto peso ha davvero questo aut-aut, secondo lei?
Questa è un’area di pensiero davvero complessa. Penso che, proprio come l’amore, la nostra capacità di compiere le nostre scelte e di restare loro fedeli sia strettamente personale. Mi piace immaginare che ne siamo in grado tutti, ma in quanto scrittrice ho anche l’intenzione di non semplificare il mondo in modo eccessivo, o di incolpare quei personaggi che non riescono a onorare le loro scelte.
- La sua produzione narrativa, fin qui, ha avuto al centro una visione ribaltata e straniante dei corpi, e proprio per questo di impatto sorprendente. Pensa che resterà questo il filo conduttore dei suoi prossimi libri, e quali altri temi le piacerebbe esplorare in futuro?
Me lo stavo chiedendo anche io! Amo il rapporto tra corpo e orrore. Mi affascina da quando ho iniziato a leggere. Ecco perché non mi ci vedo a rinunciarci del tutto, anche se mi piace avere la sensazione che stia avanzando sempre un po’ di più con la mia scrittura, e che quindi forse arriverà un momento in cui cambierò completamente direzione. Resterà aperta a questa idea.
Ho appena finito di scrivere la prima bozza di un nuovo romanzo breve, che parlerà di cambiamento e di crescita, e della stranezza di essere un essere umano. Non credo che di questo smetterò mai di scrivere.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Aliya Whiteley, in libreria con “La muta”
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