Io, Daniela
- Autore: Daniela Giordano
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2018
Un terzo dei miei scaffali sul cinema è occupato da libri pubblicati da Edizioni Il foglio: sono testi contro-tendenti, se non addirittura coraggiosi. Sparpagliati tra le collane “Cinema” e “La cineteca di Caino” fanno, per esempio, un buon numero di saggi dedicati al così detto cinema-bis. Cioè all’altro cinema, il cinema delle maestranze, delle starlette, dei registi artigiani e/o praticoni di cui è stata capace la colorata stagione dei “generi” all’italiana. Questo libro di e su Daniela Giordano che ho per le mani (“Io, Daniela”) è un tomo che oltrepassa le 350 pagine (con foto) e ne ripercorre le traiettorie attoriali: aspetti fulgidi e zone d’ombra di uno dei volti più belli del cinema popolare.
Daniela Giordano è dunque la chiave di volta: raccontandosi racconta una stagione aurea del mady in Italy su grande schermo (1967-1980), dove gli spaghetti-western si incrociavano con il thriller-horror, la fantascienza con il post-atomico e l’esotismo sexy, in casi invero perniciosi, poteva spingersi in versioni hard.
Fulgida e giovanissima miss Italia (1966), Daniela Giordano diventata attrice contando soltanto su stessa e detesta due cose: spogliarsi davanti un macchina da presa è la prima; tenere in mano le pistole, la seconda. Sui set dei tanti film western che gira, ha persino imparato a stare a cavallo (vabbè grazie al trucchetto delle gambe legate alle fascia delle staffe), ma reggere il peso di una pistola e risultare credibile come donna del bandito, è una cosa che le risulta alquanto difficile. Peggio ancora è mostrarsi nuda: avendo esordito da molto giovane e da altrettanto bella (e brava), Daniela Giordano ha imparato presto a diffidare e se il caso a difendersi, dai mosconi da set che le ronzano attorno. La ragazza è un tipo tosto e si vede: sin dal suo esordio (I barbieri di Sicilia, 1967) dimostra a chiunque di che pasta è fatta: per un probabile scherzo, chissà se frainteso, è Franco Franchi a farne le spese. Come scrive Roberto Poppi in prefazione al volume:
Daniela Giordano non ha ‘santi in paradiso’, non li cerca e non li vuole, che sarebbe un facile gioco per lei, la donna più bella d’Italia e non solo, averne a bizzeffe. Eppure, con le sue sole forze, compare in trentotto film dal 1967 al 1980 (…) che è quasi un record. Non diventerà mai ‘la diva’, quella dei gossip protagonista di saggi eruditi. Non incontrerà Antonioni, Fellini o Viscontri. Ma il suo volto, il suo sorriso (…) per noi che abbiamo amato quel cinema visto in sale con sedie di legno e il fumo di tante sigarette che ingrigiva anche il luminoso fascio di luce del proiettore, sarà per sempre più importante delle pur imprescindibili opere d’autore e delle loro grandi e sofferenti interpreti.
La filmografia completa dell’attrice è prima anticipata da un saggio dell’enciclopedico Gordiano Lupi, quindi esplorata nei dettagli da Roberto Poppi, con il valore aggiunto della versione dei fatti della Giordano medesima, elegante e misurata nei giudizi, quanto generosa negli aneddoti. Per la cronaca: la sua rottura con il cinema avviene nel 1980, a seguito di due episodi fondamentali:
- la brutta esperienza del film "Le segrete esperienze di Luca e Fanny" (un hot rivelatosi hard a sua insaputa);
- l’incontro ravvicinato con un disco volante nel 1978, che le cambia la vita, iniziandola al mondo dell’invisibile e peraltro argomento del suo prossimo libro.
I dubbi che nutro riguardo all’esoterico sono pari alle curiosità che coltivo, per cui mi candido sin d’ora a leggere questa "parte seconda" della sua vita esemplare e mi defilo. Non prima però di avervi consigliato l’acquisto di questa autobiografia trasversale e non pedissequa, che mi ha incuriosito raccontando “da dentro”, il cinema italiano dei tempi in cui esisteva ancora un cinema italiano.
Io, Daniela
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