Io non sono ipocondriaca di Giusella De Maria

Chi è l’ipocondriaca? E’ colei che in piena notte afferra il telefono, digita come un fulmine il 3, in collegamento diretto con il 118, e non appena qualcuno risponde dall’altro lato della cornetta espone velocemente il suo caso:

“Donna, ventinove anni, allergica al saccarosio, ai cactus e alle foglie di betulla. Ieri sospetto caso di TIA; ho un blocco respiratorio e a momenti soffoco. Vi prego mandate subito un’ambulanza al 25 di Via San Cesareo”.

Beh, sì, Nina vive a Sorrento, ama cucinare e trascorrere le sue giornate nel suo “regno laboratorio”, immerso in un giardino di aranci, dove ha avviato con successo un’attività di catering, ma ha un limite: è ipocondriaca acuta. Per lei scivolare al supermercato significa avere un Ictus; per lei partecipare attivamente alla campagna preventiva contro HIV e HCV, alla Komen Race per la lotta contro il tumore al seno è vitale; per lei mettere in guardia tutti i suoi amici e parenti dell’alto rischio di contagio di alcune malattie infettive è doveroso; per lei l’igiene e la pulizia sono una mania e passano obbligatoriamente da disinfezioni continue delle mani e rimbrotti estenuanti a Lucy, la sua collaboratrice nella fantastica e pulitissima cucina di stile provenzale.
Insomma, Nina, protagonista dell’ironico romanzo di Giusella De Maria “Io non sono ipocondriaca” (Mondadori, 2014), si sente affetta da qualsiasi patologia di cui legga o senta parlare e si reca al pronto soccorso un giorno sì e uno no.

“Il suo shopping ideale è... in farmacia, dove si aggira con beatitudine tra gli scaffali colmi di rimedi di ogni tipo”.

Nina becca la malattia peggiore un giorno in cui per caso incontra Marcus, brillante chirurgo bolognese giunto in città per un congresso. E’ una malattia senza rimedio, di lungo decorso e che troverà soluzione solo nell’epilogo del romanzo con un romantico finale.

Io non sono ipocondriaca è un romanzo ironico, dissacrante, brillante e al contempo tenero e capace di farci riflettere su temi come l’ansia, la paura, il panico, la claustrofobia, su quanto e come spesso siamo concentrati troppo su di noi e i nostri ipotetici o reali mali e, invece, basterebbe guardarci intorno, andare incontro alla vita con più serenità, aprirci a chi ci sta intorno con amore e attenzione. Diciamo che basterebbe proprio poco perché tutto riprenda semplicemente “il giusto equilibrio”.