Kitchen Confidential. Avventure gastronomiche a New York di Anthony Bourdain

Dall’antipasto al primo piatto fino ai dessert e in ultimo caffè e sigaretta, con questa suddivisione e sotto questa lettura lo chef romanziere Anthony Bourdain, scomparso lo scorso giugno, ha raccolto gli appunti della sua vita, ha descritto la sua filosofia in cucina e raccontato le sue avventure gastronomiche in giro per il mondo. Pubblicato diciotto anni fa, "Kitchen Confidential" scatenò le ire dei cuochi pluristellati e del mondo gastronomico. Il New York Times accusò Bourdain di farsi pubblicità rivelando gli orrori nelle cucine con uno stile di scrittura senza remore e sconvolgente alla Hunter S. Thompson; per un’altra parte degli addetti ai lavori il libro non è che un memoriale profano e volgare.
La sua irriverenza e il suo coraggio invece lo avrebbero candidato al successo come chef innovatore e scrittore gastronomico fino agli ultimi dei suoi giorni. Aveva iniziato da giovane come lavapiatti, sguattero, addetto alla friggitoria e poi al grill, sous-chef e infine chef e il mondo della ristorazione "nonostante gli oscuri recessi delle retrovie di un ristorante" nel quale "regna una gerarchia militare", scrive e senza ombra di dubbio è il suo mondo, di cui sa parlare la lingua e nel quale si muove a suo agio.

Questo libro parla della cucina di strada e dei suoi adepti… per me la vita da cuoco è sempre stata una lunga storia d’amore con momenti sia sublimi che ridicoli.

Nato a New York e cresciuto nel New Jersey, da padre cattolico, dirigente di musica classica e da madre ebrea, una delle editor del New York Times, ben presto Bourdain mostra la sua passione per gli studi culinari. Il cibo aveva su di lui potere: lo ispirava, sbalordiva, lo coinvolgeva, lo eccitava e nonostante gli anni giovanili nei quali divenne vittima di droghe, è diventato poi uno dei cuochi più famosi al mondo. Il solo che abbia saputo raccontare il dietro le quinte delle cucine dei più famosi e lussuosi ristoranti e l’enorme business della ristorazione, non solo a New York.
Dalle cozze da non ordinare mai, come il pesce il lunedì, alle bistecche cotte ore prima servite successivamente con una salsa calda per intiepidirle, al personale che cucina il cibo che è in verità di diverse nazionalità (a New York non troverete in brigata un cuoco americano), perché il lavoro in una cucina di linea è stressante, spesso di diciotto ore consecutive al giorno e la capacità di lavorare bene con gli altri è necessariamente un dovere.
Ci sono racconti straordinari sulla sua vita lavorativa trascorsa tra sangue e sudore, sul cibo che è dolore e sesso, sull’operosità e il dinamismo culinario e alcuni avvenuti nel dietro le quinte con i suoi addetti (perché ogni chef dispone di uno staff molto numeroso) tra i quali l’episodio Apocalypse Now che da solo vale la lettura di questo libro pieno di fascino.

Non fraintendetemi: io amo il mondo della ristorazione. Diavolo, ne faccio ancora parte sono chef da una vita, addestrato secondo i canoni della tradizione classica e nel giro di un’ora starò probabilmente rosolando le ossa per la demi-glace e facendo a pezzi filetti di manzo in una scalcagnata cucina a sud di Park Avenue!