Kitty Foyle
- Autore: Christopher Morley
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Elliot
- Anno di pubblicazione: 2015
Pubblicato nel 1939, Kitty Foyle, il romanzo più celebre di Christopher Morley, viene ora rieditato per la prima volta in Italia in versione integrale con la traduzione di Fernando Rocca.
“Certe volte quando mi guardo ammiccando allo specchio, riesco a vedere un’ombra di quell’espressione dispettosa che mio padre aveva mentre prendeva la bottiglia di whisky nell’armadietto”.
Nei primi anni del XX Secolo, Kitty Foyle viveva a Philadelphia (Philly) nel quartiere di Frankford insieme ai genitori. Quarta figlia dopo tre maschi, il maggiore dei quali, Ed, “era da qualche parte in Francia” a combattere nelle trincee della I Guerra Mondiale, Kitty si divertiva ad osservare il mondo che la circondava. La misera casetta di Griscom Street con il tetto rivestito di tavole, il piccolo cortile e la strada in cui i lampioni a gas avevano la punta a forma di cappello, “era accogliente e buffa e faceva sentire al sicuro”. Il padre di Kitty era caporeparto notturno in un’officina, quindi dopo un’intera notte di lavoro, Foyle dormiva fino al pomeriggio. L’uomo soffriva di reumatismi, anzi era tutto bloccato dall’artrite, spesso leniti da un bicchierino di whisky. “I reumatismi di papino” era un modo di dire dell’infanzia di Kitty, padre e figlia erano molto legati, forse perché la bambina era nata tanto più tardi di Mac, Danny e Ed, perché la mamma era morta quando la piccola aveva solo dieci anni e perché “papà di giorno era sempre in casa”.
La compagnia di “papino” era piacevole anche a causa del suo sangue irlandese. A volte, all’improvviso arrivava quella che Foley chiamava “la sua nube nera”, e si vedeva chiaramente il buio che gli scendeva sul viso, “come se avesse ingoiato qualcosa di orrendo”. Se Foyle era “mezzo irlandese”, sua figlia era irlandese solo per un quarto, alla ragazza piaceva questo venticinque per cento perché le dava un alibi privato per ogni sorta di pena o scenata.
“C’è un’altra parte di me che resta impassibile e procede con il suo ticchettio, regolare e calcolatore come un tassametro”.
Quasi ogni casa di Philadelphia aveva un cortiletto proprio sul retro dell’abitazione, anche se piccolo, in quello della famiglia Foyle c’erano delle piante di glicine su una graticciata. La domenica mattina, quando la madre di Kitty andava in chiesa, suo padre si sedeva su una sedia di vimini sotto il pergolato leggendo il Pubblic Ledger. Kitty stendeva sull’erba accanto a “papino” uno scialle grigio per guardare la pagina dei fumetti.
“Ero a casa mia, e nessuna casa in cui ho abitato in seguito è riuscita a darmi un uguale senso di certezza”.
Christopher Morley (1890 – 1957), nato in Pennsylvania, sceneggiatore per il teatro, giornalista, letterato e poeta, qui ritrae una figura femminile forte e volitiva, un’autentica antesignana che cerca il suo posto al sole tra i grattacieli di New York. Il prolifico autore, con uno sguardo ironico e sagace, attraverso la sua eroina, descrive in universo in continua evoluzione. Dal bestseller di Morley venne tratto nel 1940 il film Kitty Foyle, The Natural History Of A Woman diretto da Sam Wood che valse alla protagonista Ginger Rogers il Premio Oscar come migliore attrice. Era nato così lo stile Kitty Foyle che consisteva nel contrasto tra un vestito nero e gli accessori, spesso sciarpe e cappellini, di solito bianchi. Se New York rappresentava la piattaforma ideale da dove spiccare il volo, nel cuore di Kitty restava sempre Philadelphia, città così sicura di sé, che dava un senso di solidità, la quale “aveva avuto il suo momento moderno e rivoluzionario nel XVIII Secolo e poi se n’era liberata per sempre”.
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