L’Italia e i suoi tre stati
- Autore: Massimo L. Salvadori
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Laterza
- Anno di pubblicazione: 2011
Scritto in occasione della ricorrenza dei 150 anni dell’unità nazionale, “L’Italia e i suoi tre stati” (Laterza, 2011) è un agile libello di Massimo L. Salvadori che ripercorre la storia del nostro Paese mostrandone alcuni dei tratti costitutivi e raffigura il cammino della nazione come la successione di tre stati di natura profondamente differente.
Piuttosto che un saggio storico di carattere specialistico, “L’Italia e i suoi tre stati” si configura come una rapida e snella sintesi complessiva – non a caso trova posto in una collana denominata “Il nocciolo” – che permette di gettare uno sguardo d’insieme sulle grandi questioni della storia repubblicana e sui mali, duri a morire, del nostro Paese.
Tra di essi la centralizzazione amministrativa, resasi necessaria nello stato liberale ottocentesco, per garantire la sopravvivenza della neonata nazione e perpetuata nello stato fascista e in quello democratico, con lo scopo di garantire un saldo controllo del Paese al potere centrale, ma anche quel divario tra nord e sud che tanti intellettuali meridionalisti (da Nitti a Salvemini, da Gramsci a Sturzo) hanno motivato con lo sfruttamento del meridione agricolo e arretrato da parte di un settentrione avanzato e industrializzato e che neanche le grandi occasioni storiche della riforma agraria e della Cassa del Mezzogiorno sono riuscite a ridurre.
Mali storici dell’Italia sono state, soprattutto, molteplici forme di opposizione che hanno dato luogo a gravi crisi di sistema in cui va individuato il passaggio dall’uno all’altro dei tre stati di cui ci parla il testo. Nei primi decenni di vita dello stato unitario furono soprattutto anarchici, comunisti e socialisti rivoluzionari a porsi al di fuori e contro le istituzioni dello stato liberale che, dopo averne tentato la soppressione e l’inclusione (quest’ultima soprattutto ad opera di Giolitti e Zanardelli) dovette confrontarsi con la crisi del 1919-1920, il biennio rosso e lo spettro della rivoluzione, esorcizzato attraverso la reazione fascista. Una spaccatura altrettanto netta si configurò all’indomani dell’8 Settembre 1943 quando, in un’Italia spaccata in due, alla Repubblica sociale si contrappose l’eroismo della Resistenza.
Le spaccature prodotte dalle contrapposizioni richiamate sopra, a cui occorre aggiungere quella, avvenuta nel periodo repubblicano, tra una maggioranza di governo democratica e filoccidentale e una opposizione filocomunista, ebbero come loro esito comune la convinzione, propria delle parti maggioritarie, che le rispettive opposizioni
"non possedessero, in quanto forze organicamente ostili allo Stato, la necessaria legittimità per accedere al governo e che pertanto occorresse erigere contro di loro invalicabili barriere di difesa.
In mancanza della possibilità di alternative di governo da parte delle forze e dei partiti pur presenti legalmente, nei sistemi liberale monarchico e democratico repubblicano il mutamento politico avvenne in forme necessariamente limitate"
Finché
"La «logica» intrinseca dei tre sistemi bloccati produsse come inevitabile conseguenza che la loro fine non poté assumere se non il carattere di «crisi di regime»"
risoltesi, peraltro, non con l’affermazione delle forze più progressiste ma con la loro sconfitta. Ultima di tali crisi è quella della prima Repubblica, determinatasi non solo e non tanto per la fine della contrapposizione tra due blocchi contrapposti ma per l’emergere, con Tangentopoli, di un vasto sistema di corruzione connaturato agli stessi partiti. Quella stessa corruzione - altro male antico dell’Italia - che, nata alla fine dell’Ottocento ha attraversato il Novecento senza sostanziali soluzioni di continuità.
Anche il “berlusconismo” che ha dominato l’Italia per vent’anni, sembra essere, per Salvadori, solo un’ulteriore conferma dei vizi italiani:
“si è realizzata una concentrazione di poteri nelle mani del plutocrate-presidente del Consiglio che non ha riscontri nella storia dello Stato liberale e di quello repubblicano, tale alterare decisamente l’equilibrio dei poteri su cui si basano le democrazie liberali”
ai ripetuti attacchi alla magistratura si sono affiancate la concentrazione di vasti poteri, politici, economici e mediatici nelle mani di un solo uomo; l’esibizione personale del potere sempre più ostentata, una vasta rete di clientele e, “last but not the least”, l’ingresso nella compagine di governo, la Lega, che si contrappone fieramente alla stessa unità nazionale.
Perché allora fare l’Italia? Perché, ancor più radicalmente, l’Italia unita? Per Salvadori quella dell’Italia unita è stata, già nell’Ottocento, l’unica soluzione possibile, nell’età dei nazionalismi e degli imperialismi, per consentire all’Italia di sopravvivere autonomamente e in piena indipendenza nel contesto europeo e, ancora nel 2011, al momento dei festeggiamenti per il suo anniversario, quando la Lega portava avanti con forza il progetto del federalismo fiscale, rimaneva l’unico assetto statale possibile per consentire al paese di progredire, attraverso riforme costituzionali ancora oggi da realizzare pienamente, e di avere un proprio peso specifico nel contesto europeo.
L'Italia e i suoi tre stati. Il cammino di una nazione
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