Wolfgang Goethe, Lord Byron e Ugo Foscolo sono tre esponenti della corrente letteraria romantica che hanno parlato d’amore in vario modo.
Goethe sia ne Le affinità elettive che ne I dolori del giovane Werther ha dato un’idea di amore infelice, corrisposto ma non destinato a una conclusione felice mentre in Faust ha portato avanti la tragedia di un uomo disposto a vendere la sua anima pur di ottenere l’amore qui inteso anche come freschezza e gioventù.
Foscolo ha parlato di due diverse varianti d’amore: quello per la donna, anch’esso conflittuale e infelice ma anche quello per la patria, che essendo calpesta e derisa comporta nell’amante altrettanta sofferenza.
Byron idealizza l’uomo forte, indomito, che ama mille donne (Don Juan è un esempio) ma essendo interiormente combattuto non riesce comunque a raggiungere una sua dimensione ed è destinato a una continua lotta interiore.
Anche Giacomo Leopardi canta il suo dolore per un amore infelice , quello per Fanny Torgioni Tozzetti rispettando sostanzialmente i canoni dell’epoca: uomo innamorato, respinto o innamorato consapevole di non poter coronare il suo sogno per circostanze esterne, sofferenza.
La scrittrice inglese Jane Austen, appartenente cronologicamente ma non ideologicamente all’età romantica descrive storie d’amore di non immediata e facile soluzione ma che comunque sono tutte destinate a una felice conclusione perché non guidate dall’irrazionale passionale ma da una più compiuta razionalità.
Anni dopo la connazionale Emily Bronte porterà all’esasperazione la forza della passione in Cime tempestose dove però accanto a una storia d’amore tormentata si parla di un’altra relazione più tranquilla e quindi destinata a una fattiva conclusione quasi a evidenziare come passione sia sinonimo di fallimento.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’amore nell’età romantica
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