L’angelo del campo
- Autore: Clifford Irving
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Longanesi
- Anno di pubblicazione: 2015
1943: nel lager l’inchiesta criminale dell’ispettore-filosofo non nazista
Fa molto freddo in Polonia, nell’aprile 1943. Nemmeno la guerra riscalda i territori occupati dal Reich. L’ispettore capo della sezione omicidi della Kriminal Polizei di Berlino Paul Bach ha ricevuto un incarico, che somiglia a un ordine, dall’amico Willi Dietrich. C’è da fare un lavoretto per la Gestapo, una piccola collaborazione tra polizia criminale e politica. Un caso di omicidio.
Un omicidio? Parecchi omicidi.
Un paio di ebrei di una certa importanza e un tenente polacco delle SS.
Sono avvenuti in un postaccio sperduto, dalle parti di Breslavia, con un nome impronunciabile, semplificato in Zin.
Non ha il braccio sinistro, perso combattendo sul fronte russo, l’ispettore della polizia criminale che legge Goethe ed Hegel e in biblioteca esibisce Rousseau e Voltaire in francese. Ama la giustizia: riporta la naturale armonia delle cose. A volte, un poliziotto è l’unica barriera tra la pace e la barbarie, sostiene il protagonista del romanzo di Clifford Irving che ritorna dopo trent’anni con la sua carica intatta di orribile verità storica: “L’angelo del campo”, edito da Longanesi, 314 pagine 18,60 euro.
Paul Bach ha 40 anni, alto, snello, padre di un quindicenne fanatico della Hitler Jugend e di una biondissima adolescente hitleriana. È iscritto per necessità anche lui al partito ed era capitano delle SS combattenti, ma non è nazista. La moglie Sylvie è rimasta uccisa nel primo bombardamento inglese su Berlino, quello che secondo Goering non si sarebbe mai verificato. Usciva dal teatro con la sorella, è rimasta sotto le macerie del colonnato del centro. La Radio tedesca aveva annunciato: nessun danno di rilievo.
Amici e commilitoni sono stati macinati in Russia. Ad altri sta per accadere. Il cielo se ne infischia della guerra – considera il poliziotto filosofo – il mondo continua a girare. Qualunque cosa facciamo la vita va avanti.
Di andare in Polonia ne farebbe a meno, ma Willi insiste: è bene che la faccenda rimanga in famiglia. Perchè tanta insistenza, cosa vuole la Gestapo?
A Zin è attivo un piccolo campo di reinserimento e lavoro, una decina di ufficiali, 40 soldati, 80 ausiliari ucraini, 500 prigionieri ebrei. Circolano strane voci sul conto dei lager. Le ritiene infondate. Perchè consumare una fonte di manodopera gratuita? Perchè eliminare chi non vuole colpirti? Dopo El Alamein e Stalingrado la gente è scossa, i tedeschi sono disposti a credere a tutto.
In realtà, Zin è la sintesi dell’inferno sulla terra che erano i campi di sterminio. Un binario morto mascherato da ridente stazioncina alpina accoglie convogli stipati di ebrei disorientati. All’arrivo, uomini e donne vengono separati, fatti spogliare, accompagnati alle docce. Ad ognuno è distribuito un pezzo di sapone e un asciugamano pulito: devono conservare la speranza fino all’ultimo momento, raccomanda il comandante Kirmayr. I maschi validi disposti a lavorare sono trattenuti da parte.
Tutto molto regolare, disciplinato, preciso: la freddezza professionale delle SS, la simmetria delle baracche, la ragioneria della morte (duemila ebrei al giorno da liquidare, a Zin) e quella orribile contabilità dei beni e delle “cose” sequestrati ai deportati, denti d’oro, gioielli, denaro, abiti, scarpe, penne stilografiche, carrozzine... bambole... capelli.
Anche tanti suicidi a Zin. Agli aspiranti serve un complice che li aiuti: nonostante il cappio, potrebbe venir meno la forza o la determinazione di abbandonarsi. Le SS contrastano ferocemente l’epidemia, tanto più che accanto ai cadaveri trovano ogni volta un biglietto provocatorio in ebraico. Chi sta dietro questi eventi si prende gioco di noi, ma chi si crede, l’Angelo della Morte?, urla il maggiore Kirmayr.
Aumentano gli omicidi e le morti, nel campo. L’attività dell’Angelo si intensifica – c’è anche il tenente con la gola tagliata - e i biglietti si moltiplicano. Non bastano le risorse interne per un’indagine così delicata, ecco perchè il ricorso alla KriPo. E il destino di Paul è segnato.
A Zin si consuma la serie di infamie ordinaria nei lager nazisti. Anche i prigionieri sono carnefici, a modo loro. Hanno perso ogni umanità. Uomini contro uomini, ebrei contro ebrei. Il sopralluogo di Bach nel perimetro recintato dal filo spinato camuffato coi rami, è un viaggio nell’orrore.
Paul Bach, ispettore capo della polizia criminale, capitano delle Waffen SS, funzionario con la divisa nera e militare col teschio sul berretto, è anche lui un prigioniero. In tanto esercizio di violenza disumana, è rimasto un uomo.
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