L’armadio dei vestiti dimenticati
- Autore: Riikka Pulkkinen
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Garzanti
- Anno di pubblicazione: 2012
Velata, sfumata, appena accennata, come la foto di copertina e i suoi colori: questa è la letteratura nordica. Una scrittura intimista, quasi come se fossero le basse temperature scandinave a spingere le persone al raccoglimento e alla riflessione più che all’azione, ma anche ricca di suggestioni e di sentimenti, a sfatare il mito della freddezza del Nord e dei suoi abitanti. Un’atmosfera che non manca mai di catturare chi con essa viene a contatto, si tratti del viaggiatore che viene a contatto con le sue città e i suoi paesaggi o semplicemente del lettore che si immerge nelle sue parole.
Stavolta, la suggestione letteraria che prendiamo in considerazione ci arriva dalla Finlandia ed è il secondo romanzo della scrittrice Riikka Pulkkinen. Una storia di sentimenti, niente di più, ma narrata con partecipazione e buona analisi dei personaggi, ciascuno dei quali viene presentato con i suoi lati positivi ma anche con quelli negativi, non inducendo il lettore a parteggiare per nessuno di loro.
Famiglia, amore, amicizia, malattia, morte: tutto è incluso in questa semplice storia, storia come ce ne sono tante, eppure unica come tutte le altre.
Martti ed Elsa, già nonni di due giovani donne, vedono crollare il loro mondo all’annuncio della malattia di lei che non le lascia speranza. La loro figlia Eleonoora reagisce con paura e disperazione, dimostrandosi molto più fragile e impreparata delle sue due figlie, Maria, e, soprattutto, Anna, che scelgono di vivere gli ultimi giorni della nonna il più possibile, senza perdersi neppure un momento della sua compagnia e di quella del nonno.
E’ proprio a casa della nonna che Anna, aprendo casualmente un armadio, trova un vestito che non aveva mai visto e sente un nome che non aveva mai sentito: Eeva. Chi è Eeva? Che cosa ha rappresentato per i suoi nonni? Anna vuole saperlo, sente di potere così ricostruire una parte del proprio passato che ancora ignora. Elsa ritiene che sia tempo di raccontare la storia di Eeva, la baby sitter giovane e indipendente che aveva assunto tanti anni prima, quando il suo lavoro la portava spesso in giro per il mondo. Non poteva presumere che Eeva si sarebbe talmente tanto affezionata alla sua famiglia da trascendere i limiti del consentito. Una realtà che Eleonoora, pur avendola vissuta in prima persona, scaccia dai propri pensieri e dai propri ricordi, e che Anna vuole invece affrontare. In qualche strano modo, la storia di Eeva presenta via via numerose coincidenze con quella di Anna, tanto che le due donne, alla fine, sembrano quasi confondersi l’una con l’altra. Ma dov’è adesso Eeva? E Anna, riuscirà a tirare le fila della sua vita e della propria?
Il romanzo è scritto con uno stile che, a una prima scorsa, potrebbe apparire confuso, con continue variazioni dei tempi dei verbi (dall’indicativo al passato remoto) e delle persone (Eeva parla sempre in prima persona, tutti gli altri vengono raccontati in terza persona). In realtà, anche questa scrittura apparentemente scorretta è funzionale all’immersione del lettore in un tempo senza tempo, nel quale passato e presente si mescolano e si intersecano, e nel quale i fatti vengono osservati da diversi punti di vista. Malattia, amore, sofferenza, rimorso, solidarietà e perdono vengono presentati come naturali elementi della vita, senza morbosità né compiacimenti, dando vita a un racconto che coinvolge il lettore proprio perché, nel bene o nel male, gli è familiare.
L'armadio dei vestiti dimenticati
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Anche io ho letto questo bel romanzo; bella la recensione della Giuntini, a cui vorrei aggiungere una notazione in più:mi ha commosso il modo in cui la scrittrice descrive le sensazioni della malattia terminale sia nel personaggio di Elsa che le vive,sia negli altri che la circondano di affetto....Un modo molto laico di affrontare la morte, non solo di Elsa: la morte mi sembra prevalere anche sull’amore nel messaggio della scrittrice.
Dal titolo del libro sicuramente non mi sarei aspettata una storia d’amore che viene comunque raccontata in modo originale e a volte "confuso" per l’uso dei verbi e dei soggetti che la scrittrice alterna senza regole fisse, passato, futuro, presente, la prima persona poi si passa improvvisamente al racconto in terza persona.... il tema della morte viene affrontato con silenzioso rispetto, come l’amore viene descritto come istinto, come forza interiore a cui non ci si può sottrarre, come un uragano che ti investe completamente, così la morte è descritta e accettata dai protagonisti come la cosa più naturale del mondo (e così dovrebbe essere).... tutto ha origine da un vestito da un vestito che Elsa non ricordava di avere ... e tutto ritorna in superficie proprio adesso... Eeva, il vestito di Eeva chi è Eeva?... del resto quando sai che dovrai morire hai la necessità di fare i conti con il passato e di accettare che il cuore del tuo uomo non ti è mai appartenuto... Nel libro esistono due modi di amare uno incondizionato a cui non ti puoi sottrarre, in cui la razionalità va a farsi benedire dove realmente due diventano uno, l’altro invece è fatto di rispetto, di regole, di ragione, di obblighi morali ... la malattia un unico destino per due donne che hanno conosciuto due modi diversi di amare...
E’ UN ROMANZO MOLTO INTENSO. LA STORIA D’AMORE TRA EVA E MARTII E’ LA PARTE CENTRALE DEL ROMANZO, MA LA SOFFERENZA DI QUESTA RELAZIONE (MARTTI E’ SPOSATO CON ELSA) RISALTA IN OGNI RIGA CHE SI LEGGE.
LA LORO STORIA E’ VISSUTA DA ENTRAMBI IN MANIERA INTENSA MA SOFFERTA, UNA RELAZIONE DESTINATA A FINIRE.
SICURAMENTE DA LEGGERE.