L’attesa
- Autore: Matsumoto Seichō
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Adelphi
- Anno di pubblicazione: 2024
Talvolta basta sostituire un nome con il verbo corrispondente perché una frase, apparentemente invariata, cambi sfumatura. Per esempio c’è differenza tra “attendere la morte del marito” e “attendere che il marito muoia”. Nella prima traspare l’angoscia che si compia un destino ineluttabile, nella seconda sembra filtrare l’augurio che il consorte si levi di torno il prima possibile. Proprio sull’ambivalenza dell’attesa della morte altrui – temuta, auspicata, programmata, da dilazionare o affrettare alla bisogna -, la cinica Isako gioca la sua partita con l’altro sesso, l’ultima, per assicurarsi un avvenire libero da preoccupazioni economiche. Una volta vedova, realizzerà il sogno di sfondare nella ristorazione con un locale tutto suo in una società (insegna Natsuo Kirino) dove sia il matrimonio sia l’indipendenza per una donna rischiano di diventare una trappola. Ma c’è un neo, è barando che vuole vincere.
A raccontarci questa vicenda di avidità, materialismo e corruzione nel Giappone degli anni Settanta, è Matsumoto Seichō. Infatti la casa editrice Adelphi ha dato alle stampe il giallo psicologico, con incursioni nel procedural, L’attesa (titolo originale Tsuyokiari) finora inedito in Italia, traduzione di Gala Maria Follaco. Il romanzo apparve per la prima volta a puntate sul mensile “Bungei shunjū” nel 1970.
Veleggia verso la quarantina Isako, una donna seducente e senza scrupoli che non si preoccupa di mascherare più di tanto la sua natura dietro un’apparenza vulnerabile, un tratto meno consueto nella galleria delle dark ladies. Distante dalla vedova avvelenatrice che in Apuleio fa la santarella o tante figure alla Simenon che il loro fuoco lo tengono dentro.
In una società conservatrice come quella nipponica seduce il maschio senza tanti complimenti, perché non teme il desiderio che invece agli occhi altrui appare quasi una tara genetica propria di alcune conformazioni fisiche secondo una concezione a cavallo tra Controriforma e Lombroso. Un dato interessante se pensiamo che in Occidente il diritto alla sessualità veniva sbandierato dai movimenti femministi. Ma Isako femminista non è, egoista sì e tanto.
La sua miseria morale prende corpo nel linguaggio sfacciato, di un pragmatismo crudele anche quando si rivolge al marito Nobuhiro cui deve benessere, rispettabilità, posizione sociale.
Dopo pochi anni di matrimonio frequenta un toy-boy di nome Ishii e la sua cricca di teppistelli per vincere la noia di vivere con un vecchio (lo chiama papi) di trent’anni più grande. Senza forzare troppo la mano, il fatto che lo definisca addirittura “un’altra creatura” a seguito dei cambiamenti prodotti dalla vecchiaia fa pensare a Yuko Mishima che di essa aveva orrore. Questo ménage collaudato, Nobuhiro domande ne fa poche, rischia di vacillare con l’arresto dell’amante accusato della morte della convivente.
Viste le circostanze, Isako non può tirarsi indietro alla richiesta di trovare e pagare un avvocato per tirarlo fuori dai guai, perché la sera del fattaccio i due si sono incontrati davanti a testimoni. Ma una donna della sua stoffa che da giovane ha volato di fiore in fiore, in una situazione difficile trova sempre una sponda. Così ripesca un vecchio amico, nipote di un pezzo grosso, che si offre come mediatore e le procura un penalista la cui ambizione gareggia con l’avidità di lei. La faccenda si complica a fronte di un conflitto di interessi tra gli interlocutori. L’avvocato vuole sfruttare il caso per mettersi in luce, il che significa far assolvere l’imputato.
Per ottenere qualche vantaggio l’amante potrebbe spifferare informazioni compromettenti.
Per uscire pulita da questa brutta storia, la protagonista ha bisogno che il giovane marcisca in prigione:
A Isako piaceva concedersi qualche distrazione insieme a quei ragazzi, ma se i loro problemi rischiavano di raggiungerla allora lei avrebbe dovuto richiudere le porte.
C’è di più. Ha pianificato di sbarazzarsi del marito entro tre anni, ma quando le sue condizioni di salute peggiorano Isako è bloccata in un cul-de-sac.
Il tempo stringe: riuscirà a convincerlo a fare testamento in suo favore? In ballo ci sono terreni, titoli, la pensione. Con quale tatto parla al marito sofferente:
Se ti succede qualcosa, mi ritroverò da sola. Non avrò nessuno dalla mia parte. Le tue figlie mi daranno il tormento.(…) Allora scrivilo chiaro e tondo, in modo che nessuno debba preoccuparsi. La percentuale della successione testamentaria stabilita dalla legge non mi basta.
Alla femme fatale del Sol Levante non passa per la testa che nasconda qualcosa anche l’imperturbabile Nobuhiro, quasi sempre con gli occhi chiusi, gesti spartani, avaro di parole, più amareggiato che sottomesso. È troppo presuntuosa per cogliere la portata degli eventi che la coinvolgono; troppo sfrontata per esercitare l’arte della diplomazia e della discrezione. Sarà il Caso, unico dominus nell’universo narrativo dell’autore, a cambiare le carte in tavola di una trama che sembrava già scritta, fino a un epilogo inaspettato che vale l’intero romanzo.
La trama è solida, fitti i dialoghi alternati a parti descrittive. L’ossessione per il particolare, cavallo di battaglia dell’autore di Tokyo Express ingarbugliato sulle coincidenze ferroviarie, si appunta sul sistema bancario, sugli atti processuali, su perizie e controperizie di medicina legale.
L’attesa di Matsumoto Seichō segue la spirale autodistruttiva di avidità e ambizione in una Tokyo innevata che corrobora il senso di sospensione del titolo. Un romanzo duro per mettere a nudo la corruzione morale del singolo e della classe dirigente negli anni del boom economico, gli anni Settanta.
L’attesa
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