L’elefante
- Autore: Aleksandr Ivanovic Kuprin e Riccardo Guasco
- Genere: Libri per bambini
- Categoria: Narrativa Straniera
- Anno di pubblicazione: 2016
“L’elefante” (Topipittori, 2016, titolo originale Slon, traduzione e adattamento di Francesca Brunetti e Natalia Lapiccirella, illustrazioni di Riccardo Guasco) è una favola che lo scrittore russo Aleksandr Ivanovic Kuprin (1870 - 1938) scrisse nel 1907.
Nella grande e sterminata Russia, la piccola Nadia di sei anni
“è triste, annoiata e si sente tanto, ma tanto sola...”
trascorreva le sue giornate stesa sul suo lettino. I genitori della bambina erano molto preoccupati delle sue condizioni fisiche e psicologiche,
“è possibile che non desideri nulla?”
le domandava la mamma. “Niente casa delle bambole, niente cioccolata calda fumante, nessuna amica del cuore?”. Nadia si mostrava apatica e senza forze. “Non ne ho voglia” e i suoi occhi spenti erano sempre rivolti al soffitto. La piccola non aveva la febbre ma stava perdendo peso diventando sempre più debole, mentre il suo papà andava avanti e indietro fumando incessantemente “tanto da far annerire lo studio per il fumo” alla ricerca di una soluzione per aiutare la sua bambina. Una mattina Nadia si era svegliata con una richiesta particolare.
“Mamma, papà, potrei avere un elefante?”.
Il papà le aveva portato un elefante giocattolo grigio che dondolava la testa e dimenava la coda, con una bella gualdrappa rossa sulla schiena. Nadia non si era accontentata, perché
“L’elefante lo vorrei vero, anche piccolo, ma vero. Vorrei un elefantino”.
Il papà, vedendo la figlia un po’ più vivace, era andato al circo ad assistere a uno spettacolo.
“Che spettacolo! I cagnolini fanno salti, capriole e ballano e abbaiano a suon di musica, le scimmiette si rincorrono lungo la fune per atterrare su un barboncino, i leoni dal pelo rosso si gettano dentro i cerchi ardenti, un orso spara con le pistole”.
Alla fine arrivarono gli elefanti. Il padre di Nadia, al termine dell’esibizione, aveva chiesto al proprietario del serraglio, un tedesco grasso con un enorme sigaro in bocca, se poteva andare a casa sua con l’elefante più piccolo. Il teutonico stupito si era informato a che piano abitasse la famiglia perché “il mio Tommi pesa dodici pud”. A notte fonda, coperto da una bianca gualdrappa, Tommi e il suo proprietario si erano diretti verso la casa di Nadia per esaudire il desiderio di una bambina che sembrava aver quasi rinunciato a vivere.
Questa favola è un classico della letteratura russa, qui arricchita da belle e vivide illustrazioni, che mostrano cosa sia disposto a fare un genitore per il bene dei propri figli. La piccola Nadia, con l’aiuto dell’ingordo Tommi “pelle spessa, le rughe profonde. Le zampe sono come due colonne” dalle orecchie che penzolano all’ingiù ma dagli occhi intelligenti e buoni, sarebbe riuscita a ritrovare l’appetito e il sorriso. Talvolta accade nella vita, che grandi e piccini, per superare momenti difficili, debbano solo concentrarsi in qualcosa che può renderli sereni.
“Finché arriva la sera e Nadia si addormenta accanto a Tommi”.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’elefante
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