L’esercito della salvezza
- Autore: Abdellah Taïa
- Casa editrice: ISBN
- Anno di pubblicazione: 2009
“Le donne, in Marocco, trasformano con grande piacere gli uomini in schiavi, in cani, li privano delle loro facoltà intellettive, li rendono banali, li uccidono un po’ per volta.” (Pag. 28)
L’esercito della salvezza di Abdellah Taïa (ISBN Edizioni, 2009) è un romanzo di formazione, come rimarcato nel sottotitolo.
Abdellah è un ragazzo marocchino, che vive con la sua numerosa famiglia, ricca di umanità e tensioni.
Ama la lettura e il cinema e ha il sogno di trasferirsi a Parigi, dove diventare un intellettuale.
Il suo viaggio verso l’Europa è descritto sotto forma di diario alternato nel tempo.
Frasi brevi ed emozioni forti, in cui lo scrittore non nasconde nulla. I primi esempi di vita sono quelli della sua famiglia e il suo eroe è il fratello. Il rapporto con lui è capace di raggiungere un erotismo incestuoso: “… sono innamorato di Abdelkébir!” (Pag. 46). Lui è l’uomo forte, virile. Parla poco, ma conosce la vita. Il suo desiderio, anche fisico, sarà frustrato con il matrimonio del fratello. Allora per crescere dovrà trovare un altro uomo. Deve essere aiutato a realizzare il suo sogno. Sarà il turno di Jean, un professore universitario svizzero.
Il romanzo di formazione perciò diventa un romanzo di viaggio.
I due paesi, Marocco e Svizzera, sono le metafore dei due passaggi essenziali della vita. Il primo paese è la sua giovinezza: il desiderio, il delirio, la forte struttura sociale e familiare. In Marocco c’è la vera vita, un taxista ginevrino così lo descrive:
“… il Marocco era un luogo più umano. Forse lì qualcuno soffriva la miseria, ma nonostante tutto c’è in quel paese qualcosa di più umano, di più vivo di altri posti.” (Pag. 71)
Dalla giovinezza (Marocco) si arriva alla maturità (Svizzera).
La Svizzera è un’organizzazione sociale e politica precisa e meticolosa. I suoi abitanti sono esempi di precisione e ordine, cambiando umore velocemente: “… ho capito che qui, in questo paese di ricchi, ogni cittadino è un poliziotto.” (Pag. 114).
In Svizzera Abdellah perde la sua umanità incontaminata, la sua ingenuità, la sua purezza. Grazie all’aiuto dell’esercito della salvezza potrà trovare un primo aiuto dopo essere stato abbandonato a Ginevra.
L’aurea romatica della giovinezza sparisce nei primi freddi svizzeri.
In Svizzera appaiono i primi soldi; tutto e tutti hanno un cartellino con il prezzo.
Si ritrova abbordato per strada, al ristorante con proposte di somme indecenti.
E’ questa la differenza fra i due paesi. Il Marocco è un paese povero, ma dove dignità, onore, famiglia sono principi imprescindibili: non si possono acquistare. Però si può mercificare tutto il resto, compreso il corpo delle persone.
La Svizzera è un paese ricco, dove il denaro è il centro della realizzazione umana.
I paesi e i soldi debordano nel suo romanzo come le sue avventure sessuali.
Abdellah Taïa descrive se stesso, le sue passioni e le sue pulsioni.
Non si accontenta di centrare tutto su di lui, si pone in mezzo ai due paesi.
Con il suo linguaggio semplice, preciso, ci racconta la sua vita senza vergogna ma con il pudore della sua sensibilità e coordina il racconto attorcigliando luoghi e tempo.
Dai brani sul Marocco straripa la sua parte migliore, perché è innamorato del suo paese, usa parole delicate, eccitabili.
La mente di un ragazzo giovane con immaginazioni importanti è spazzata da tempeste istintive e celebrali. Inoltre se si aggiungono gli ormoni, il ragazzo Abdel diventa un potenziale uomo.
I mondi marocchino e occidentale mischiati costituiranno le fondamenta di un nuova tipologia di individui. Lui non potrà prescindere da entrambi, sarà costretto a dettare i criteri per una nuova persona.
I dolori, le passioni, le paure vagando durante la città sconosciuta saranno mitigate da un luogo di pace, un luogo piccolo, dove altre ombre erranti per città si ritrovano per avere un attimo di tregua. L’ostello dell’esercito della salvezza è il mezzo per sentirsi a casa.
Il ragazzo tunisino trovato in camera sarà il futuro: “Ti va di dividere questo arancio con me?” (Pag. 114)
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