L’esperienza inutile
- Autore: Franco Beretta
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2008
650.000 morti, un milione di feriti, le gravissime perdite italiane nel 1915-18 sarebbero state molto più ridotte se il nostro Comando Supremo avesse preso in considerazione le novità già introdotte nello scenario bellico mondiale dal conflitto anglo-boero di fine Ottocento e dalla guerra russo-giapponese del 1905. Ma quelli che potevamo risultare utili insegnamenti rimasero lettera morta, si rivelarono del tutto sterili. “L’esperienza inutile” è il titolo indubbiamente efficace del volume edito nel 2008 da Prospettiva editrice di Civitavecchia (pp. 145, euro 12,00), che pubblica la tesi discussa nel 1999 da Franco Beretta, allora neo dottore in Storia presso la facoltà di lettere dell’Università di Milano.
Una lezione mancata, dunque, sulle difficoltà poste dallo stallo nelle trincee. Un’occasione persa da tutti gli eserciti, ma in particolare da quello italiano, per l’aggravante a carico dei Capi d’essere entrati in azione nove mesi dopo gli altri contendenti e di avere avuto anche il tempo di considerare la metamorfosi irrimediabile del conflitto scatenato in Europa nell’agosto 1914. Nato come classica guerra di movimento nell’agosto 1914, si era trasformato sul fronte francese nell’inedita e logorante guerra di posizione dell’autunno inverno 1914-15.
Ma Cadorna, il comandante supremo, era cocciutamente legato al concetto di attacco frontale, costosissimo in termini di vite umane. Quando il generale Venturi si rifiutò di sprecare uomini all’assalto dell’imprendibile Dosso Faiti, visto che si poteva aggirarlo premendo su difese più deboli, il generalissimo non esitò a silurare il conquistatore del Passo della Sentinella, sostituendolo con un collega ortodosso rispetto alle disposizioni superiori e che non batté ciglio nel mandare i suoi fanti al massacro.
Sicchè, la guerra di trincea 1914-18 trovò impreparati tutti gli Stati Maggiori, col risultato di causare milioni di morti, come mai in precedenza. Eppure, più di un aspetto dei combattimenti tra i reparti inglesi e i coloni olandesi in Sud Africa avrebbe dovuto essere reso in considerazione dai signori della guerra. Quegli scontri avevano già dimostrato l’efficacia delle prime armi a tiro rapido, la difficoltà di individuare le fonti di fuoco per effetto dell’uso innovativo di polveri da sparo infumi, il disagio di chi doveva affrontare difensori protetti da fortificazioni campali che inibivano l’impeto degli assalitori. Tutti elementi che mettevano in risalto indiscutibilmente il vantaggio crescente della difensiva, a discapito del coraggioso slancio offensivo che aveva fino ad allora garantito la vittoria in campo aperto. A Madden River, nel novembre 1899, i boeri ribelli attesero gli attaccanti britannici stando al riparo dalla vista e dal tiro nemico nelle trincee scavate in precedenza lungo il fiume.
Qualche anno più tardi, tanto russi che giapponesi ebbero modo di verificare quanto l’efficacia di postazioni solidamente attrezzate rendesse enormemente dispendiosa l’azione frontale degli attaccanti.
Passando allo scenario italiano, il buon lavoro di Franco Beretta si sofferma sulle concause, che aggiunsero perdite su perdite a quelle provocate dall’esercizio ostinato del credo tattico unico cadorniano: l’assalto ad oltranza. Indica i difetti di base del corpo degli ufficiali di carriera, arroccati a difesa della casta, non propensi ad aggiornarsi professionalmente, schiavi del monotono ma rassicurante tran tran della vita di caserma.
Non era poi congeniale al nostro esercito responsabilizzare gli ufficiali subalterni e ancor meno i sottufficiali. Era impensabile nella fanteria grigioverde lasciare autonomia d’azione ai sergenti, cosa invece ordinaria nell’esercito tedesco. Un feldwebel comandava reparti ed aveva anche libertà di scelta ed azione sul campo.
Quanto alla truppa, tanto la leva che le masse richiamate nel 1915-18 riflettevano il tessuto sociale dell’Italia dell’epoca. L’estrazione contadina, l’analfabetismo o la sommaria scolarizzazione non consentivano di poter contare sulle nuove e più esigenti virtù militari che la guerra moderna pretendeva anche dal singolo fante. Il soldato non era all’altezza di prendere iniziative, poteva solo obbedire ai comandi, ammesso che li comprendesse, espressi com’erano in italiano e con cadenze regionali diverse dalla propria.
Il nostro era un esercito di massa, da far muovere a ondate, facili bersagli per il fuoco d’infilata delle mitragliatrici e il tiro d’annientamento delle artiglierie.
La difficoltà di lavorare al fronte su materiale umano poco “plasmabile” è una delle considerazioni più significative nella tesi di Franco Beretta. Validissimo il risultato del suo lavoro: nel 1914-15 la guerra di trincea non avrebbe dovuto risultare un evento improvviso e imprevedibile, perché esempi ed anche primi studi lo avevano ben inquadrato. Se pure però la nuova consapevolezza si fosse diffusa per tempo, non avrebbe probabilmente cambiato il corso generale degli eventi, ma certo avrebbe concorso ad evitare gli errori che soprattutto nel primo anno di guerra ci costarono perdite evitabili.
L'esperienza inutile. I conflitti anglo-boero e russo-giapponese e l'impreparazione italiana alla guerra di trincea
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