L’estate del Golpe
- Autore: Stefania Limiti
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Chiarelettere
- Anno di pubblicazione: 2023
Mariano Rumor doveva pagare. Era il presidente del Consiglio che non aveva proclamato lo stato di emergenza dopo la bomba nella Banca dell’Agricoltura di Milano il 12 dicembre 1969. Il politico centrista che non aveva avallato la svolta verso un governo d’ordine. Il democristiano che secondo i neofascisti aveva tradito un patto anticomunista coperto. Nel 1973, la strategia golpista della tensione e delle bombe toccò il punto più alto e dovette misurarsi con il proprio fallimento. In Italia, però, “le forze occulte possono perdere, ma non essere sconfitte”, osserva con amarezza la giornalista romana Stefania Limiti, nel recentissimo saggio inchiesta storico politico L’estate del Golpe. 1973, l’attentato a Mariano Rumor, Gladio, i fascisti, tra Piazza Fontana e il compromesso storico, edito da Chiarelettere (Milano, aprile 2023).
Nel 1974 le bombe continuarono a esplodere e fare vittime tra i civili, in piazza della Loggia a Brescia il 28 maggio (8 morti, 102 feriti), sul treno Italicus il 4 agosto (12 morti, 48 feriti), ma la deriva reazionaria non sgradita al Dipartimento di Stato americano rimase nelle intenzioni di qualche pezzo deviato delle Istituzioni e di cellule eversive nere.
Il Golpe c’è stato risparmiato, per l’insufficiente “statura epica” dei protagonisti ma non le stagioni a bassa intensità democratica a seguire, rileva l’autrice, che collabora con il Fatto Quotidiano, Left e ha lavorato per Gente, l’Espresso, Aprile, La Rinascita della Sinistra.
Alla vigilia degli anni Settanta, il nostro era, con la Francia gollista, l’unico Paese europeo nel Mediterraneo ad avere un governo elettivo, di centrodestra. Spagna e Grecia erano sotto la dittatura di Franco e dei Colonnelli e la Jugoslavia di Tito restava rossa, per quanto non allineata sul piano internazionale.
In Italia, la spinta elettorale del più forte partito comunista nell’Occidente e le conquiste dei lavoratori nell’autunno caldo avevano spaventato gli imprenditori più retrivi (i “padroni”). Si era attivato un programma occulto mai tanto forte di superamento in senso autoritario della democrazia costituzionale, nata dalla Resistenza e dai partiti antifascisti nel dopoguerra.
Intorno ad Amos Spiazzi, responsabile nel nord dell’organizzazione segreta atlantista Gladio, ribolliva un blob golpista che associava residui del Fronte Nazionale di Junio Valerio Borghese, uomini di Ordine Nuovo di chiara matrice neofascista, nostalgici mussoliniani più o meno in servizio permanente e terroristi del movimento di Azione Rivoluzionaria. Uno dei padri di Gladio, il partigiano bianco e uomo di governo DC Paolo Emilio Taviani, abbandonò la struttura, perchè “invasa” dai fascisti e tornò ai suoi studi storici e colombiani, non senza denunciare che non esistevano opposti estremismi, i pericoli arrivavano da una sola parte: l’onda nera.
Era stato Rumor a non attivare gli scambi della svolta reazionaria? Tre anni dopo sarà lui il bersaglio delle bombe e di un tentativo di golpe.
Stefania Limiti si è specializzata nella ricostruzione della storia del potere nell’Italia repubblicana e della strategia della tensione, affrontate per Chiarelettere nei testi L’Anello della Reubblica (2009), Doppio livello (2013), La strategia dell’inganno (2017), Potere occulto (2022), tra gli altri.
Abbiamo parlato della bomba di piazza Fontana, a lungo attribuita artificialmente al movimento anarchico e a Pietro Valpreda. Sono riesplosi in questa recensione gli ordigni di Brescia e sul treno. Stragi infisse nella memoria collettiva, dove non trova spazio invece un altro episodio, la bomba a mano lanciata il 17 maggio 1973, a Milano.
Al termine della commemorazione del primo anniversario della morte del commissario Calabresi (4 morti, oltre 40 feriti), l’attentatore voleva colpire l’auto del ministro dell’Interno Mariano Rumor, che stava lasciando la Questura. Lo scoppio mancò il bersaglio, ma colpì personale e curiosi. Il responsabile venne arrestato sul posto, Gianfranco Bertoli, che si volle motivato dalla vendetta per la morte di Giuseppe Pinelli, l’anarchico milanese precipitato da una finestra proprio della Questura, dopo la strage della banca nel 1969.
Il killer non è affatto un lupo solitario e nemmeno un esponente dell’anarchismo bombarolo, come venne considerato dalla stampa. Si trattava dell’esecutore di un progetto di stampo fascista e golpista, un “capitolo misconosciuto” della strategia della tensione, smascherato nel saggio di Stefania Limiti, dopo una ricerca minuziosa anche in atti giudiziari e archivi ufficiali a lungo inaccessibili.
Gli ordinovisti odiavano Rumor: quando dopo Piazza Fontana contavano sull’appoggio dell’allora presidente del Consiglio, il politico scelse la legalità democratica. Sono stati loro ad arruolare Bertoli, addestrarlo e infiltrarlo tra gli anarchici, oltre a colorarlo con una tinta sinistreggiante.
Lo stesso governo Rumor, subentrato alla disfatta di Andreotti, aveva riportato successi nel controllo dei prezzi e altre misure, grazie alla "differente opposizione" esercitata dal PCI, come ammetteva un rapporto della Cia dell’ottobre 1973.
I comunisti avevano frenato grandi scioperi e in parte raffreddato il clima politico del Paese, concorrendo a garantire la democrazia in un sistema fragile. Moro lo sapeva, sostiene Stefania Limiti, non era l’uomo “pericoloso dominato dall’ossessione di fare accordi con la sinistra”, come lo vedeva Rumor.
Quando la palla passerà di nuovo al politico pugliese, inizierà il piano di avvicinamento al PCI, che segnerà la sua fine.
Fortunatamente, il piano golpista del 1973 sfumò, ma cinque anni dopo andò a segno con il delitto Moro.
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