L’ingegno e la guerra
- Autore: Paolo Gava
- Genere: Scienza
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Mursia
- Anno di pubblicazione: 2016
Il paradosso della guerra: dopo il conflitto può trasformarsi in uno strumento di progresso per l’intera umanità anche quanto è stato inventato per uccidere sempre più gente e sempre più rapidamente. È accaduto ad alcune importanti innovazioni, applicate alla tecnologia bellica nel corso della seconda guerra mondiale. L’ingegner Paolo Gava si sofferma su alcuni capolavori di ingegneria militare in un agile volume della collana Testimonianze fra cronaca e storia, della casa editrice milanese Mursia, “L’ingegno e la guerra” (pp. 110, euro 10,00), in libreria dal 2016.
L’autore è più di un addetto ai lavori. È un esperto, avendo servito nell’Esercito come ufficiale dei servizi di motorizzazione e lavorato successivamente come dirigente tecnico in una società specializzata nello sviluppo di tecnologie sottomarine, impegnata nell’estrazione del petrolio e nelle ricerche su fonti energetiche alternative in ambiente marino.
La guerra 1939-1945 è stata un momento di grande accelerazione dell’ingegno umano. Molto di quanto realizzato allora è tuttora nell’uso corrente, magari in un modo più evoluto, aggiornato, integrato da ulteriori soluzioni tecnologiche. Si tratta non necessariamente di armi, ma di invenzioni o applicazioni brillanti da parte di tecnici delle nazioni in lotta, transitate con successo dagli impieghi bellici a quelli civili. Paolo Gava fa notare come in genere gli americani si siano rivelati “innovativi”, i tedeschi abbiano invece avviato progressi decisivi nel campo della tecnologia aeronautica missilistica (aprendo alla corsa verso lo spazio) e i russi si siano distinti nello sviluppo delle artiglierie e di eccellenti blindature per i mezzi corazzati.
Sotto esame sette meraviglie, fior da fiore di tante altre realizzazioni.
La prima è la Liberty ship, la nave da carico che salvò l’Inghilterra dalla fame e dalla sconfitta. Era il modello base dei mercantili versatili ed economici, “stampati” in serie, che attraversarono a pieno carico l’Atlantico, riuniti nei convogli scortati dalle Marine alleate e aggrediti dai sommergibili tedeschi. La Liberty fu la cellula di quell’interminabile cordone ombelicale teso tra le Americhe e le isole Britanniche, che resistevano allo strapotere germanico negli anni iniziali della guerra.
Tutto merito di una risorsa costruttiva rivoluzionaria che accelerò la costruzione degli scafi: la saldatura alogena. Fino al 1941 i battelli venivano realizzati solo nei cantieri navali, con la tecnica delle lamiere chiodate, l’unica in uso per montare grandi strutture metalliche. In quegli anni, un imprenditore dal cognome curiosamente evocativo (mister Kaiser), propose al Governo USA di cambiare: non più la lenta chiodatura, ma la più pratica saldatura, che si poteva effettuare in qualsiasi stabilimento, anche lontano dal mare. Nei bacini marittimi sarebbe avvenuto il solo assemblaggio e questo avrebbe accorciato di molto i tempi di costruzione. Il record fu di appena 4 giorni e 15 ore dall’impostazione al varo, più altri 7 di allestimento, per una delle 2710 Liberty fabbricate fino al 1945. Tre al giorno: in media 42 giorni di lavoro ciascuna.
C’è poi il carro armato sovietico T34, armato con un cannone da 76 mm in torretta girevole, nella versione più diffusa. Un tank rustico ma eccezionale, relativamente poco sofisticato e quindi economico. Cingoli molto larghi lo rendevano capace di superare terreni proibitivi per gli altri. La superiorità venne riconosciuta anche dai tedeschi: per armamento, protezione e maneggevolezza.
Della Jeep Willys non c’è bisogno di dire molto. Il mitico fuoristrada da collegamento e ricognizione ha cambiato la storia della locomozione militare. Non aveva precedenti per praticità e semplicità.
Arrivò troppo tardi invece, a causa di lentezze e indecisioni nella fase progettuale, il primo aereo militare multiruolo a reazione, il tedesco Me 262. Gli Alleati non avevano caccia in grado di opporsi alla sua velocità e i grandi bombardieri erano in seria difficoltà. Tuttavia, proprio la spinta dei reattori costituiva un limite: i piloti avevano solo pochi secondo per colpire il bersaglio, prima di oltrepassarlo. La sua importanza sta nel fatto di avere inaugurato la stagione mondiale del volo a reazione.
Stesso discorso per la missilistica germanica. Specie le V2 sono state il prodotto bellico più all’avanguardia di quella guerra, ma anche quello col peggiore rapporto costi-benefici, richiedendo spese enormi, risorse sottratte a progetti più efficaci (ad esempio i sommergibili), visto che l’efficacia strategica dei jet è risultata alla fine ridottissima.
Ben più utili, per quanto esteticamente meno brillanti, le carrette dei cieli, i “muli” dell’aviazione, gli aerei da trasporto Douglas DC3 (Dakota, per gli inglesi). Bimotori ad elica robusti, ogni tempo, costruiti prima del conflitto e longevi fino al Vietnam. La curiosità è che erano nati come lussuosi aereo-letto per passeggeri e che tornarono nel dopoguerra a servire le compagnie aeree civili di mezzo mondo.
Poi c’è Pluto, pressoché sconosciuto. Altro che cane dei cartoon: era un oleodotto sommerso, steso con tecniche pionieristiche sul fondo del Canale della Manica, per rifornire di carburante l’avanzata alleata in Francia dopo lo sbarco in Normandia.
Ultimo e fuori quota, il più grande dei progetti e anche il più insidioso (tuttora). Il mostro: la bomba atomica!
L'ingegno e la guerra: Sette capolavori di ingegneria della Seconda guerra mondiale: 1
Amazon.it: 9,50 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’ingegno e la guerra
Lascia il tuo commento