L’ipotesi del male
- Autore: Donato Carrisi
- Casa editrice: Longanesi
- Anno di pubblicazione: 2013
“La morte è la sola cosa che ti faccia sentire vivo.”
Dopo quattro anni dalla pubblicazione de “Il Suggeritore”, romanzo con cui Donato Carrisi si è fatto conoscere dal mondo editoriale e dall’immenso universo di lettori italiani ed internazionali, lo scrittore è tornato ancora una volta tenendo tra le mani non solo un libro ma un capolavoro degno della sua fama.
L’ipotesi del male (Longanesi, 2013) è un thriller psicologico in cui si mescolano azione, racconto e una profonda introspezione psicologica di ogni personaggio, evidenziando l’accurata preparazione di Carrisi nella criminologia e la volontà di andare oltre la semplice narrazione dei fatti, rivestendoli così di un alone tanto inquietante quanto magistralmente incastrato nei meandri della mente umana.
La protagonista è di nuovo l’agente di polizia Mila Vasquez, che riprende il suo ruolo di antieroina, questa volta alle prese con il Limbo, ossia la sezione di persone scomparse di cui si occupa la polizia federale. Gli scomparsi vengono chiamati i Dormienti, uomini e donne di cui non si ha nessuna traccia, la cui vita si è spenta nel nulla. Sono solo facce intrappolate in una serie di foto appese ad un muro fatto di silenzio, tutte uguali, senza alcuna speranza ma non per Mila, che deve trovarli. La donna è sempre la stessa: forte, determinata, incapace di provare empatia, affascinata dalla paura e soprattutto dal buio.
“E’ dal buio che provengo e nel buio devo tornare…”
Mila è ormai anche lei parte del buio, ci convive portandone i segni addosso e dentro, ed è l’unica in grado di scoprire cosa sta succedendo nella città, insanguinata da una serie di omicidi che riportano stranamente alle persone scomparse. Il primo è Roger Valin, tranquillo e innocuo contabile, scomparso 17 anni prima con il suo completo grigio e la sua cravatta verde, che sembra essere l’unico responsabile del massacro di una famiglia intera di cui solo un bambino si salva. Le domande a cui si cerca di dare una risposta sono tante, troppe. Perché Valin era scomparso? Perché è tornato? Ma soprattutto dov’è stato tutto questo tempo? E con chi?
Carrisi ha rivelato di aver passato più di una settimana lontano dal mondo e dalla vita sociale per comprendere esattamente cosa provi una persona scomparsa e questo non fa che rendere il clima del romanzo realistico e incisivo. Lo stile è chiaro, diretto, intrigante. Fin dalle prime pagine si resta inchiodati alla lettura, lasciandosi coinvolgere in un turbinio di eventi, emozioni e capovolgimenti che se da un lato sembra siano sul punto di fornire la soluzione, dall’altro non fanno altro che provocare ulteriori sconvolgimenti rendendo il finale imprevedibile.
I colpi di scena non mancano, confermando che la scrittura di Donato Carrisi non è una scommessa, è semplicemente una certezza. Il fitto intreccio si scioglie lentamente attraverso il riemergere da un fondo creduto perduto, di tutte le anime scomparse, che inghiottite anni addietro dal buio e dalla dimenticanza, ritornano non per riconciliarsi con la vita ma per uccidere, come se fossero state vomitate dalla stessa bocca infernale. Mila avrà un nuovo nemico, il Signore della buonanotte, che sembra avere le redini dell’Armata delle Ombre, costituita dalla schiera dei Dormienti. Non ci sono sparatorie in stile americano, non c’è sangue inutilmente sprecato, c’è solo un filo sottile di paura che percorre l’intera storia e che risalirà come un brivido lungo le vostre schiene quando capirete che il Bene e il Male indossano maschere e la cosa più terribile è che se le scambiano proprio davanti ai nostri occhi.
Il luogo è imprecisato: a Carrisi non piace fornire coordinate spazio-temporali, lasciando la sua storia sospesa nel tempo e nello spazio, permettendo al Male a cui egli stesso dà voce, di raggiungerci ovunque siamo. Un po’ come fa tutto ciò che è ignoto perché ciò che non si conosce non può essere evitato. Come non si può evitare di avvertire l’angoscia che sale, di sentire sulla propria pelle le fobie e le follie umane, di provare quella malsana attrazione per quel buio in cui l’autore prepotentemente ci butta come un vuoto da cui è difficile risalire. Carrisi lo fa senza alcun rimorso, incapace di chiedersi se saremo in grado di risalire. Lui non ci tende la sua mano, non ancora. Forse, pensa Carrisi, lo farò la prossima volta.
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Si può davvero guardare dentro a un pozzo buio e non caderci? Si può camminare lungo un dirupo e non precipitare per una vertigine? Sono queste le domande a cui ci ha abituato il grande Donato Carrisi, domande senza forse una risposta univoca e che ritroviamo riproposte in questo seguito ideale de "Il suggeritore". Qui la storia passa attraverso il cosiddetto "popolo delle ombre", coloro che spariscono senza lasciare traccia e di cui troppo spesso ci si dimentica. Donato qui ha voluto loro rendere omaggio, ricordarli tutti insieme, provare a dare un senso a tutto questo, una giustificazione. Seppure lo stile di questo scrittore sia, a mio parere, ottimo, non sono riuscita a "tremare e soffrire" come nel precedente romanzo, qualcosa si è perso! E sebbene, senza anticipare nulla della trama, i finali di questo scrittore non sono mai consolatori, ma sempre aperti a diversi scenari e a possibili soluzioni, quello che mi ha rapita davvero è stata la nota finale dell’autore: scoprire qual è stata la scintilla che ha acceso il fuoco della scrittura, che lo ha portato a riproporre i personaggi del primo romanzo (devo ammettere che qualche passaggio me lo sono perso e riprenderò il primo libro per riannodare i fili!!) e che lo ha spinto a "sperimentare", anche se brevemente, aggiungerei per buona fortuna di noi lettori, situazioni al limite. Troppo difficile è tracciare linee precise tra bene e male, perché spesso "dal male si genera bene", e altrettanto, come una catena, al male si può tornare. Tra tensione gialla e filosofia, questo autore va sempre seguito, perché, da criminologo, mentalmente ci spinge sempre un pochino più in là della volta precedente!