L’isola che non c’è. Geografie immaginarie fra Mediterraneo e Atlantico
- Autore: Antonio Musarra
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: il Mulino
- Anno di pubblicazione: 2023
La storia delle esplorazioni e delle scoperte geografiche è disseminata di isole che sono state scoperte, perdute e riscoperte: semplici scogli, atolli, brandelli di terra che emergono dal mare, veri e propri continenti.
Tutto ciò ha per molto tempo affascinato viaggiatori e letterati, propensi a ritenere autentica la loro esistenza.
In una lettera indirizzata a Papa Alessandro VI, Cristoforo Colombo affermava di averne contate millequattrocento, che diventano ben millesettecento in un messaggio inviato ai reali iberici; molte, ma mai tante quante affermava di averne osservate Marco Polo navigando per l’Oceano Indiano: ben dodicimila e settecento.
Il racconto alla scoperta del mondo assomiglia a un dialogo circolare fra mito e realtà, dove il mito suscita curiosità, stimolando l’impresa e la realtà alimenta il mito, arricchendoli di particolari e creando nuovi miti.
Nell’approcciare tali aspetti, un problema si affaccia in modo prepotente: quello del rapporto tra ciò che si chiede di trovare, l’oggetto della ricerca, e ciò che viene trovato, una scoperta che costringe a rivedere le proprie convinzioni.
Ricerca e scoperta che danno vita a un graduale processo di razionalizzazione del reale, capace di relegare il senso del mistero intrinsecamente legato alla percezione dell’ignoto in un altrove soprannaturale. Ed è proprio tale processo a essere indagato nel libro L’isola che non c’è. Geografie immaginarie fra Mediterraneo e Atlantico, scritto da Antonio Musarra, che insegna Storia medievale presso l’Università di Roma Sapienza.
In questo testo l’autore:
ricostruisce la storia avventurosa e fantastica della ricerca delle isole in età medievale, in un Oceano che era il luogo del possibile e dell’impossibile.
Nel corso del Medioevo la cristianità europea si è spinta più volte alla ricerca di quelle isole, di cui si vociferava da tempo fossero collocate generalmente oltre le colonne d’Ercole, alimentando quel graduale svelamento del mondo, strettamente legato alla verifica materiale di quanto immaginato, che la traghetterà nella modernità. È con la conoscenza del mondo - questa la tesi di fondo dell’opera - che il totalmente altro diventa effettivamente tale.
La ricerca di queste isole occupa un ruolo importante perché spinge verso l’ideazione e la realizzazione di molteplici viaggi di scoperta, traghettando l’uomo medievale verso quell’Umanesimo che, complice l’apertura di oceani, avrebbe visto tramutare in realtà i propri sogni.
Dunque, è il mare il filo conduttore di questa storia. Luogo estraneo per eccellenza, nonostante l’incremento di commerci, la frequenza dei pellegrinaggi, lo scoppio di conflitti, non smetteva di intimorire, in particolar modo durante i secoli dell’alto medioevo. In quel periodo, quantomeno nell’Europa Latina, chi scriveva lo faceva spesso nel silenzio dei chiostri o delle scuole cattedrali, un mondo del tutto estraneo al mare.
Col passare del tempo, le fonti prodotte in contesti marittimi andranno aumentando, fornendo nelle descrizioni maggiormente puntuali; tuttavia, a lungo, le riflessioni erudite, redatte da intellettuali solitamente ben piantati sulla terraferma, monopolizzeranno la scena.
In questo contesto le isole rappresentavano le uniche certezze: qualcuno le aveva avvistate, pertanto, dovevano esistere e senza di essa la navigazione, all’epoca prevalentemente di cabotaggio, sarebbe stata impossibile, soprattutto nell’oceano Atlantico, fabbrica di miti e leggende capaci di arricchire l’immaginario collettivo.
Isole, insomma, dalle forme più disparate, abitate da varie comunità, una caratteristica della cultura geografica medievale ma non solo, perché dall’antichità fino ad oggi ogni civiltà ha avuto le sue isole leggendarie.
Dall’Atlantide di Platone al mito delle Fortunatae e agli Immrama celtici, il mito dell’isola felice ha attraversato i secoli dando luogo alle descrizioni più fantasiose o utopiche.
L’Età moderna, infatti, ne avrebbero ereditato il lato leggendario, presto tramutatosi in prettamente letterario. Il sogno esotico ricomparirà tra Ottocento e Novecento della Tahiti di Paul Gauguin, nelle Isole nella corrente di Ernest Hemingway a quell’arcipelago interiore che è la Dublino di Joyce a quello, decisamente terreno di Solzenicyn.
Isole per scomparire, come la Capri di Tiberio, isole presso cui tornare come la Itaca di Ulisse, isole dove cantare come l’isola di Wight e isole per ripararsi dai naufragi della vita come i bambini perduti in volo verso l’isola-che-non-c’è.
E dall’opera di Antonio Musarra emerge
“un grande racconto sospeso tra immaginario e conoscenze che si ampliano, tra scoperte, conquiste – spesso devastanti – e reiterate delusioni, legate al desiderio, utopico e mai sopito, di vedere mutata in realtà la sostanza dei propri sogni”.
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