L’occhio e la memoria. Porto Empedocle 1950
- Autore: Andrea Camilleri, Italo Insolera
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2007
Non mancano in ogni paese posti d’incontro che non passano inosservati per la singolarità di quel che vi accade. Camilleri li chiama “Luoghi deputati”: sintagma questo di un particolare interesse, perché indica gli “spazi immaginari e reali” scelti liberamente dal consenso popolare. Essi appartengono alla comunità che li tramanda e si conservano per consuetudine. Spazi, dunque, di socialità dove si vivono usi e costumi di cui soprattutto si nutre l’infanzia e l’adolescenza. L’inamovibilità ne è la prima caratteristica: non vanno soggetti indifferentemente ad un trasferimento “da una sede all’altra, da un palazzo qualsiasi in un altro palazzo qualsiasi”. Altresì, essi “sono rigorosamente divisi per età dei frequentatori: un ragazzo, ad esempio, non sconfinerà mai in un luogo destinato agli adulti”. A Porto Empedocle c’è la via Caribaldi, tempo fa chiamata “strata ‘u meli”, perché le mosche vi si annuvolavano come se vi avessero trovato il miele; lì le abitazioni venivano dette catoj: camere a piano terra senza finestra, che prendevano aria solo dalla porta d’ingresso, e dove stava un unico letto in cui dormivano intere famiglie, in presenza attorno di qualche animale.
Con tono partecipato e talora divertito, di questo e di altri luoghi egli racconta nel libro "L’occhio e la memoria. Porto Empedocle 1950" (Palombi, Roma, 2007). Illustrato con oltre cinquanta foto dell’insigne urbanista e storico dell’architettura italiana Italo Insolera, comprende tre scritti: “Cenni storici di Porto Empedocle”, “I luoghi deputati”, “Pirandello e Porto Empedocle”. Lo completano un contributo di Michele Curcuruto sul tema dello zolfo e una parte del racconto Lontano di Luigi Pirandello. A volo d’uccello e con lieve scrittura sono evidenziate nella prima parte le tappe di sviluppo della cittadina dall’originario “caricatore di Girgenti” alla costruzione dei tre “moli” nel periodo di massima fioritura dell’esportazione dello zolfo, salgemma e cereali. Degna di nota qui appare l’attenzione prestata ai cognomi degli abitanti: spagnoli e amalfitani, inglesi e tedeschi a testimonianza di una vivacità socio-economica aperta all’immigrazione. Nella seconda sezione l’occhio del nostro scrittore, reso “magico” dall’evocazione, fissa i ricordi dell’infanzia quando sui tetti “delle tre case” si radunavano streghe sul cui operato si favoleggiavano incredibili sortilegi. Spazi multipli di “incantesimi” e “ragionamenti”, di “baruffe” e “giochi infantili”, di “passeggiate” e “incontri sentimentali” davano così più anime alla comunità, colta dal nostro scrittore attraverso piacevolissimi aneddoti e manifestazioni di follia. Basterebbe dire che nel luogo deputato dei ragionamenti le discussioni fra persone o famiglie finivano spesso a coltellate.
Rilevante, infine, il capitolo su Pirandello. Camilleri, quasi rivisitando la propria formazione culturale attraverso la tecnica del rispecchiamento, fornisce preziose indicazioni delle nove novelle ambientate dal drammaturgo nel paese dei genitori: … ce ne sono due, a mio avviso fondamentali per capire l’uomo Pirandello e la sua filosofia dell’esistenza. Mi riferisco a Il figlio cambiato e a Lontano. Poi si sofferma sul motivo per il quale questi nacque nella casa di contrada Càvusu o Caos. Ma lasciamo adesso al lettore il piacere di accostarsi al libro, da considerarsi, così ci piace dire, come modello di esemplare narratività del paese in cui si è nati.
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