L’ombra rossa di Enzo Bettiza

“Mi costringevo, come faranno i principali protagonisti del romanzo politico che avrei scritto poi, ad agire da comunista, parlare da comunista,perfino gestire da comunista, senza però riuscire mai a pensare da vero comunista”

L’ombra rossa è un racconto autobiografico di Enzo Bettiza che ripercorre interamente gli anni Settanta. Si parte con il ricordo del processo al compromesso storico avviato da Berlinguer e Moro e si prosegue con lo scardinare le varie defezioni che hanno portato al suo fallimento.

Bettiza fa notare come fosse chiara la posizione americana rispetto a quella sovietica riguardo all’ipotesi che in Italia potesse avverarsi l’entrata in un governo di coalizione di ministri del Pci. Nonostante le rassicurazioni da parte d’importanti figure quali Napolitano e lo stesso Berlinguer, l’America non avrebbe mai accettato altro oltre ciò che aveva già dovuto digerire, come le infiltrazioni gramsciane nelle istituzioni pubbliche, nella tv di Stato, nei giornali e, non da meno, il compromesso cattocomunista.

Il libro narra interamente la vicenda della fondazione de “Il Giornale” con la collaborazione di Indro Montanelli, di Gianni Granzotto, di Guido Piovene e di altre importanti firme del giornalismo nazionale ed internazionale. Si parte dalla rottura con l’allora direttore editoriale del “Corriere della Sera”, Giulia Maria Crespi, che avrebbe voluto portare il giornale ad avere una linea più vicina alla sinistra. Bettiza e Montanelli non ci stanno e decidono di uscire dal Corriere e fondare un giornale nuovo i cui lettori dovevano essere gli ex lettori di giornali come il Corriere e La Stampa, "rei" di avere abbandonato la loro tradizionale collocazione politico-editoriale e di stare con Berlinguer e con la sinistra democristiana.

L’ombra rossa è un documento storico, che racchiude meccanismi sconosciuti ai più e che aiuta a comprendere le scelte delle alte sfere alle volte incomprensibili. Un libro dal linguaggio forbito ma chiaro, che aiuta nella formazione culturale.
Enzo Bettiza mette in luce la visione non-comunista di un uomo di cultura nato a Spalato, appartenente alla minoranza italiana e costretto, dopo la seconda guerra mondiale, all’espulsione dalla Jugoslavia con conseguente perdita dei propri beni.