L’uccello nero
- Autore: Gunnar Gunnarson
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Iperborea
- Anno di pubblicazione: 2021
Un romanzo capostipite del “giallo nordico”. Un villaggio islandese del XIX secolo e due morti misteriose forse correlate tra loro, un possibile duplice delitto per motivi passionali. Una storia di amanti maledetti ispirata a un fatto realmente accaduto. Con L’uccello nero (Iperborea 2021, traduzione di Maria Valeria D’Avino) Gunnar Gunnarson si muove nei territori del giallo interiore, agganciato a ombreggiature fosche e sottotraccia persino escatologiche. Due terzi del romanzo sono di ambito processuale, e non è un caso se si considera l’interrogatorio come mezzo preposto all’ammissione di colpa davanti a un giudice-dio.
Al climax della vicenda si giunge in sordina: una fattoria alla fine del mondo (natura impervia, senso di isolamento, passioni trattenute), due coppie male assortite, con figli: Bjarni e Guðrun (lui di tempra rocciosa, lei di salute incerta), Jón e Steinunn (anonimo lui, attraente lei), e Jón che per primo scompare, chissà se precipitato in un burrone. Poco dopo muore anche Guðrun, l’uccello nero del malaugurio distende le sue ali sul villaggio, alimentando ciò che da mesi aleggia di bocca in bocca, cioè che i freschi vedovi Bjarni e Steinunn sono adulteri, e per ciò plausibili artefici degli omicidi dei loro coniugi.
Sin qui, come si vede, il romanzo esplora i canonici territori del polar (per dirla alla francese), ma L’uccello nero è capace di spingersi oltre, di puntare a ben altro: l’incombenza materiale e spirituale degli accusati dei delitti spetta infatti al giovane cappellano della parrocchia (l’io-narrante della storia), dibattuto tra il desiderio di sostenere religiosamente i due imputati, e il dovere di contribuire all’emergere della verità. Suo ideale alter-ego è un giudice manicheo, che attraverso gli interrogatori degli accusati e dei testimoni, evocherà le invidie, le rivalità, talvolta la pavidità e la perfidia dei caratteri che abitano il villaggio.
È proprio attraverso l’insistito confronto tra il pastore di anime e il magistrato che Gunnarson disvela il senso ulteriore e ultimo del romanzo: una riflessione quasi simenoniana sulla natura del genere umano, sulla rassomiglianza sentimentale, in fondo, di accusati e accusatori, assassini e assassinati.
Attestato com’è sulle coordinate dicotomiche di bene/male, colpa/giustizia, pentimento/condanna, L’uccello nero è un romanzo profondo e avvincente, che conferma Gunnar Gunnarson come una delle espressioni più efficaci della letteratura nordeuropea.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’uccello nero
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