Il pastore d’Islanda
- Autore: Gunnar Gunnarson
- Genere: Avventura
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Iperborea
- Anno di pubblicazione: 2016
Un uomo, un cane e un montone. E intorno il bianco. Un abisso di bianco. Il bianco assoluto dell’inverno islandese, nient’altro che neve e montagne. Una favola. Una parabola sospesa, un altro canto di natale. “Il pastore d’Islanda” di Gunnar Gunnarsson (Iperborea, 2016) si consuma in poche ore, ma è ritornandoci su a passo più lento che se ne apprezzano appieno lo stile, e le stratificazioni. La prosa è piana, semplice ma è bene non lasciarsi ingannare. Rinforza il concetto Jòn Kalman Stefànsson nella sua bella postfazione (p. 105):
“Un uomo vaga per gli altipiani desertici in dicembre, insieme a un cane e a un montone, cerca delle pecore, viene colto dal maltempo ma riesce a tornare a casa vivo, di questo parla Il pastore d’Islanda. Apparentemente semplice, e non che voglia affermare che si tratta in realtà di un libro complicato, ma sottolinearne la profondità e la fertilità. La storia in sé, in tutta la sua semplicità, è ottima, classica: un uomo di fronte alle forze della natura. Ma a questo tema si aggiungono lo stile e le riflessioni del narratore (…) riflessioni generali e profondamente filosofiche allo stesso tempo”.
L’incontro-scontro con la Natura ostile si spende dunque, in Gunnar Gunnarsson, intorno a coordinate antitetiche al topos narrativo di genere (di solito avventuroso): là dove scrittori come Jack London – o lo stesso Joseph Conrad – mostrano spesso i muscoli, lo scrittore islandese ripiega sulla forza interiore: serenità d’animo, pedissequa adesione al dovere, pacificata accettazione della vita, della solitudine (“la condizione stessa dell’esistenza”) e persino della morte, se assunta alla luce consolatoria della fede in Dio.
Il “simbolico” viaggio nella tormenta de “Il pastore d’Islanda”, comincia, non a caso, il primo giorno di Avvento, pretesto per un discorso assiologico-poetico sull’essenziale, sul fondamentale, su un senso di fratellanza esteso a ogni essere vivente. Un capolavoro conclamato della letteratura nordica (con qualche forzatura si dice abbia ispirato persino l’Hemingway di “Il vecchio e il mare”), qui restituito nell’adamantina traduzione di Maria Valeria D’Avino. Un romanzo da inserire nella lista dei libri inconsueti & pregnanti da regalare a Natale, visto che anche quest’anno ci siamo quasi.
Il pastore d'Islanda
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