

L’ultima scialuppa
- Autore: Eugenio Giannini
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Mursia
- Anno di pubblicazione: 2016
In salvo prima i passeggeri, poi l’equipaggio, solo per ultimo il capitano. L’anti Schettino: Piero Calamai. Nel 1956, in Atlantico, in una situazione estremamente più rischiosa per l’incolumità personale, ha compiuto la scelta opposta a quella del comandante della Concordia, dimostrandosi degno della secolare tradizione marinara italiana, anche se le vicende non riconobbero la sua esemplare dignità. “L’ultima scialuppa. La verità sull’Andrea Doria”, è il titolo significativo di un libro delle edizioni Mursia (gennaio 2016, collana Uomini e misteri del mare, pp. 196, euro 15,00), a firma di un anziano testimone della tragedia del transatlantico tricolore.
Quella scandita come un romanzo da Eugenio Giannini è una storia esemplare di tante storie. Quasi novantenne (è nato a Viareggio nel 1928), era terzo ufficiale sulla plancia del transatlantico italiano. La grande passione per la nautica lo aveva portato a diplomarsi capitano di lungo corso a Livorno e ad entrare nei ruoli della Società Italia di Navigazione. Imbarcò sulla Doria, orgoglio della compagnia navale di bandiera, che la notte tra il 25 e 26 luglio 1956 venne incolpevolmente speronata dal piroscafo Stockholm al largo dell’isola di Nantucket. L’impatto della prua svedese causò 51 vittime (46 passeggeri delle cabine devastate e 5 componenti dell’equipaggio), ma l’abnegazione di Calamai e del personale di bordo mise in salvo tutti gli oltre 1600 sopravvissuti, nonostante metà delle lance fossero rese inutilizzabili dallo sbandamento. La grande signora del mare affondò 11 ore dopo. Pur danneggiato, lo Stokholm raggiunse invece la salvezza.
A Eugenio Giannini non è mai andato giù che dopo la soluzione patteggiata che divise tra le due compagnie l’onere dei risarcimenti, fosse calato il silenzio sulle responsabilità nautiche della collisione. Nessuno fece luce sulla rotta errata della nave svedese, anzi, si lasciò spazio alle recriminazioni che addossavano ingiustamente la colpa agli italiani. Né la prova di coraggio e addestramento dell’equipaggio nell’occasione difficile, né la condotta efficace di comando del capitano Calamai risparmiarono alla nostra marineria i sospetti infamanti e immeritati di negligenza che fecero il giro del mondo.
Da sessant’anni Eugenio Giannini si batte perché una verità manifesta venga finalmente ribadita con ogni evidenza: il comportamento di tutti i marittimi italiani fu esemplare, mentre era stato pesantemente inadeguato al contrario quello di non pochi ufficiali del piroscafo che tagliò la rotta dell’Andrea Doria. Ma la Svezia fece quadrato a difesa dell’onore nazionale, mentre l’Italia si divise come sempre. Entrarono in gioco anche considerazioni di convenienza: ricche commesse industriali e commerciali, da non compromettere, sconsigliarono di insistere sulle colpe svedesi, ora accertate ed esclusive.
L’infaticabile Giannini non si è mai dato pace e anche in questo volume continua a battersi con orgoglio, perché si possa riconoscere senza ombra di dubbio quello che il giornalista Fabio Pozzo afferma nella prefazione:
“se negli anni ‘50 persistevano dubbi sulle circostanze e comportamenti che hanno contribuito a generare il sinistro, si sono dissolti negli anni a venire, alla luce di studi e testimonianze”.
Da una parte, gli svedesi scatenarono una campagna di stampa aggressiva, alimentando una falsa ricostruzione favorevole, che venne creduta vera. Dall’altra, la Compagnia italiana respinse perfino l’assist di una intervista a Calamai sollecitata dalla rivista americana Life. La sua versione, perciò, non ebbe mai spazio, al contrario di quella artefatta della Stokholm.
Così, un’operazione di salvataggio tra le più brillanti della storia della navigazione e una prova di ottima costruzione navale (il gigante del mare resistette per 11 ore, un primato), vennero cancellate dalle accuse infondate, dalle illazioni tecniche e mediatiche favorite dalla pessima strategia di comunicazione della società armatrice e dal riserbo del Governo italiano sugli esiti dell’inchiesta ufficiale.
In conclusione, l’autore augura al suo libro, che descrive fatti vissuti in prima persona, di rappresentare
“il definitivo punto di arrivo di un lungo viaggio in mezzo alle nebbie di tutti questi anni di indicibili amarezze, nel commosso ricordo di un Uomo che insegnò a chi lo conobbe e oggi, alla luce di recenti tragici avvenimenti, possiamo dire al mondo intero che cosa vuol dire essere il comandante di una nave. Il comandante Piero Calamai”.
Altri hanno rischiato di infangare il buon nome della marineria italiana, che di “inchini” può farne decisamente a meno.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’ultima scialuppa
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