L’ultimo sopravvissuto
- Autore: Sam Pivnik
- Genere: Storie vere
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2012
La collana Volti della storia ospita la voce di un sopravvissuto che racconta una storia vera “una testimonianza vivida, palpabile degli orrori di Auschwitz”, secondo la definizione del Sunday Times. Durante la Seconda Guerra Mondiale nel più grande campo di sterminio sono state uccise più di un milione di persone, la maggior parte di loro di religione ebraica. Ciò che il protagonista non ha mai potuto dimenticare, tutto l’orrore visto e provato sulla propria pelle, Pivnik lo rivive ogni giorno e ogni notte della sua vita, come del resto avviene a ogni altro sopravvissuto all’Olocausto. Ma, attenzione: quella di Sam non è una lamentela o un modo per essere compatito, è un fatto. L’autore un giorno ha compreso che doveva raccontare la sua storia e non solo perché ogni storia dell’Olocausto dovrebbe essere raccontata. Nel XVIII Secolo il politico, filosofo e scrittore Edmund Burke ha detto:
“quelli che non conoscono la storia sono condannati a ripeterla”
Affinché la Shoah non debba ripetersi mai più, sono indispensabili testimonianze come quelle di Pivnik perché la sua storia sopravvivrà a tutta quella generazione che dovette sopportare l’indicibile.
“C’era stato un tempo meraviglioso in cui nessuno pensava alla morte, in cui nessuno parlava di morte, un tempo pieno di vita. Era la mia infanzia”.
Il Giardino dell’Eden per il piccolo Szlamek Pivnik era Bedzin in Polonia, la cittadina dove era nato il 1° settembre del 1926 “in una fervente comunità ebraica, anche se molto povera”. Il padre era un sarto, la madre si prendeva cura della numerosa prole. La notte era calata il 1° settembre del 1939 quando la Germania aveva invaso la Polonia. Da quel giorno Sam non avrebbe più festeggiato il suo compleanno, perché da allora niente sarebbe stato più lo stesso. Il tredicenne diventò adulto in quell’istante quando Hitler attraverso la Wehrmacht, cercando “uno spazio vitale per il suo popolo”, aveva reso la Polonia “un fragile guscio tra le mascelle d’acciaio di uno schiaccianoci”. Il popolo polacco diventò così schiavo del Grande Impero Tedesco, iniziarono i rastrellamenti, gli incendi alle sinagoghe, le persecuzioni nei confronti degli ebrei, gli assassinii indiscriminati. Bisognava adattarsi ma il problema più grosso era la mancanza di cibo. Dopo un anno trascorso nel ghetto di Kamionka, nell’agosto del 1943 la famiglia Pivnik fu deportata nel campo di concentramento di Auschwitz – Birkenau. Mentre l’intera famiglia di Sam trovò la morte nelle camere a gas, il diciassettenne iniziò la sua Discesa negli Inferi subendo soprusi di ogni genere. “Ci avevano strappato l’identità”. Ormai senza speranza, ogni uomo del campo con il suo logoro pigiama a strisce dove spiccava la stella gialla era del tutto deumanizzato e il simbolo di ciò era il numero tatuato sul braccio.
“Arbeit macht frei” (Il lavoro rende liberi) è la frase che si trova affissa sopra al cancello di Auschwitz e i prigionieri che scendevano dai vagoni piombati come pecore al macello si avviavano sulla maledetta Rampa ultima stazione prima della selezione. A sinistra la morte, a destra la salvezza. Per il momento. Sam faceva parte “di quella squadra speciale che doveva trasportare un intero popolo fino alla soglia della morte” per poi raccogliere “gli oggetti personali che erano stati gettati sulla Rampa”. Il ragazzo si sentiva un avvoltoio. La fonte principale del romanzo L’ultimo Sopravvissuto (Survivor titolo originale), grande successo internazionale tradotto in molti paesi, sono le memorie di Sam Pivnik. Il protagonista è tornato ad Auschwitz nel 2009 in quel complesso che
“oggi è il più tristemente famoso dei campi di concentramento nazisti, soprattutto perché è stato preservato nel tempo come monumento a memoria della inumanità degli uomini contro altri uomini”.
L'ultimo sopravvissuto. La testimonianza mai raccontata del bambino che da solo sfuggì agli orrori dell'Olocausto
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