L’uso della vita. Millenovecentosessantotto
- Autore: Romano Luperini
- Genere: Politica ed economia
- Anno di pubblicazione: 2013
Il Sessantotto del secolo scorso è stato come il Quarantotto del milleottocento: un incrocio furente di destini, uno snodo epocale, una data da cui è impossibile prescindere se si vogliono tenere minimamente i conti della Storia. Per ca(r)pirne la portata autentica bisogna averne vissuto le istanze dal “di dentro”, esserci stato, aver “fatto” il Sessantotto (assemblea dopo assemblea, corteo dopo corteo, barricata dopo barricata), averci creduto con tutto se stessi nella forza delle idee che, stavolta davvero, provavano a scardinare le regole vetuste del Sistema.
Leggendo “L’uso della vita. Millenovecentosessantotto” (Transeuropa, 2013) si vede e si sente che Romano Luperini in quell’anno c’era e quasi sicuramente, come tanti, faceva (a parte la fama di critico letterario di cui gode, gli va anche riconosciuto l’impegno politico nei movimenti della sinistra extraparlamentare). Però attenti che il suo non è un romanzo a tesi, sterilmente nostalgico, apologetico della serie formidabili quegli anni: “L’uso della vita” è un romanzo storico tout court, uno di quelli che mischia finzione e realtà ma non prescinde mai da taglio e passo documentaristici.
Si evocano fatti realmente accaduti (vedi gli scontri di Valle Giulia, vedi la contestazione ai borghesi della “Bussola”), personaggi realmente esistiti (chiamati all’appello per nome e cognome: D’Alema, Sofri, Pietrostefani, Fortini, Della Mea) e altri di pura invenzione, però plausibili, in quanto tipici del contesto - ideologico/ontologico - sessantottesco.
Dalle pagine de “L’uso della vita” si avverte forte e chiaro, insomma, che l’autore sa bene di cosa scrive, sia che delinei le prime prove tecniche di rivoluzione (dalle fumose riunioni assembleari nelle università occupate agli scontri di piazza) sia che si addentri nei turbamenti interiori del protagonista - Marcello - nella Pisa-genitrice di tutti i contesti rivoluzionari del periodo. Soprattutto il rapporto problematico con il padre-comunista vecchio stampo (riflesso di quello tra l’inquadrato D’Alema e il più ribelle Sofri), diventa tra le righe archetipico di un’inconciliabilità di vedute - il dovere per il dovere contro la leggerezza -, della crasi ideologica, consumata a sinistra del PCI, proprio a partire da quegli anni. Tornando al quadro d’insieme del Sessantotto, leggete l’articolato ritratto che ne fa Luperini a un certo punto del libro:
“C’era una corrente nel mondo e lui ne faceva parte. Tutto il mondo era coinvolto e si muoveva, l’offensiva dei vietcong in Vietnam, la Cuba di Castro e di Che Guevara, la Cina di Mao, gli studenti e i neri americani, la manifestazione pacifista di Washington, la primavera di Praga, i Beatles e i Rolling Stones, la scuola di Barbiana e i cattolici del dissenso, lo sciopero attivo di Trento, e poi la battaglia di Valle Giulia, la reazione all’assalto dei fascisti all’università di Roma…Tutto si trasformava, in pochi giorni, la gente cambiava, cambiava con una velocità sorprendente, pronunciava nomi nuovi fino a poco tempo prima sconosciuti, Camillo Torres, Malcom X, Lin Piao, Rudi Dutsschke…e attraverso quei nomi passava tutta una nuova visione della vita. Ecco pensava Marcello, ho sempre cercato l’intensità, e l’intensità ora è qui, a portata di mano”.
Quindi il periodo con cui si congeda dalla storia, in sottile metafora, per chi avesse ancora orecchie per intendere:
“La mamma stava richiudendo la finestra della camera, nella stanza vicina alla sua. Era rimasta nell’aria, però, una piuma. Marcello la seguì con lo sguardo mentre cambiava di continuo direzione (…) la perse di vista quando intersecò la traiettoria di un passero che dal tetto si proiettava giù verso il giardinetto (…) la leggerezza del passero non era come quella della piuma, andava conquistata e forse non sarebbe bastata un vita intera”.
Ultima annotazione: “L’uso della vita” - tra testo e sottotesto e il fuoco e fiamme degli scontri di piazza, dei primi amori, dei primi arresti - è anche un tenue romanzo di formazione sentimentale, nel senso più ampio e pregnante che vi riesce di immaginare.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’uso della vita. Millenovecentosessantotto
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