La 19a moglie
- Autore: David Ebershoff
- Genere: Religioni
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Giunti
- Anno di pubblicazione: 2011
Enrico VIII, i suoi matrimoni plurimi e le sei spose? Un apprendista al confronto di Brigham Young, secondo leader della chiesa Mormone dello Utah, dopo Joseph Smith. Visse nel 1800 ed ebbe diciannove mogli, una sempre più giovane dell’altra (ma c’è chi fa salire il numero a venti e chi ne aggiunge tante ancora). Un paradiso in terra per lui, un inferno per loro, a sentire l’ultima, Ann Eliza, nell’ampio romanzo “La 19a moglie”, di David Ebershoff Giunti, 2011, ristampato nel 2016, pp. 732, euro 18,00).
Sempre tra le pagine di Ebershoff, poco più di cento anni dopo ci risiamo con le tribolazioni della poligamia, dal punto di vista femminile. Spuntano mogli-sorelle a go go in una setta scismatica, gemmata dall’albero mormone nel cuore dell’America profonda. Qui, un’altra consorte-schiava si ribella a un’altra congregazione religiosa, che non solo ammette ma favorisce apertamente la poligamia (perché così piace al Signore, dicono: un uomo tante donne, non sia mai detto viceversa però).
Un tema di fondo, due periodi cronologici diversi nel doppio racconto dello scrittore poco più che cinquantenne di Pasadena, autore anche di “The Danish Girl”, pubblicato a febbraio da Giunti in contemporanea al film omonimo di Tom Hooper. Le due storie – fine 1800, primi quindici anni 2000 - vanno in parallelo, anzi in alternanza. Una è quella di Ann Eliza, l’altra è raccontata da un giovane, entrambi espulsi ed emarginati dalle rispettive congreghe mormoni.
Jordan è un ragazzo esile, sembra una ragazza, è serenamente omosessuale. Ha venti anni ma ne dimostra di meno e gira tra l’Utah meridionale e la California da sei anni, da quando
“quel grande imbroglione della religione”
che era suo padre lo ha cacciato dalla comunità di Mesadale, i Primi dei Santi degli Ultimi Giorni. Lo accompagna un bel cane meticcio, Elektra, che chiama la sua fidanzata. In una notizia di cronaca nera su Internet riconosce sulle foto la mamma BeckyLyn, il suo inconfondibile insieme “stropicciato”: la lunga treccia fuori moda, l’abito che sembra preso da “La casa della prateria”, lo sguardo smarrito. Ha sparato in petto al marito con un fucile. È reclusa in un penitenziario a Lincoln. Ha sopportato tutto da quel farabutto, poi dev’essere scoppiata, pensa Jordan.
Questo per la vicenda contemporanea, ma il libro comincia presentando quella di Ann, del XIX secolo e qualcosa, per un verso autentica e per altri molto romanzata da Ebershoff, che la fa precedere da un saggio introduttivo di Harriet Elizabeth Beecher Stowe. È l’autrice de “La capanna dello zio Tom”, si ricorderà e qui affronta la poligamia mormone come una vera forma di schiavitù, alla pari di quella dei neri, per la quale si è battuta. Per il resto, si segue la campagna che dal 1874 porta Eliza a girare l’America per smascherare il marito Brigham Young – perfino la madre di Ann era moglie del pluriconiugato - una vera crociata per porre fine negli Stati Uniti alla pratica dei matrimoni plurimi nelle sette, sostiene David.
Su questa stessa linea si muove l’associazione di volontari che aiuta Jordan ad affrontare la setta fondamentalista, il cui Profeta aveva condannato il ragazzo all’esilio, senza che BeckyLyn facesse nulla per opporsi. Non è che i mormoni stiano antipatici a Jordan, è lui antipatico a loro. Sta di fatto che, sebbene tutto sia contro di lei, la mamma detenuta gli chiede di aiutarla a dimostrare la verità, perché dice di non avere commesso quel delitto, checchè sostengano le altre mogli. Non sono stata io, aiutami.
Tolgono il respiro la follia, la paranoia, l’alienazione di vivere in una famiglia-setta, dove tutto è stravolto, compresa la vita e la morte (o l’espulsione). Dove i componenti della comunità dipendono dal volere di un Profeta che si dice interprete della volontà dell’Onnipotente. Dove ogni uomo può avere le mogli che gli pare, a condizione di ottenere il permesso della prima a prenderne un’altra. Dove tutto va diviso con tanti e tutto è concepito in modo antiquato, soggetto a regole anacronistiche. È interessante entrare mano a mano nella quotidianità allucinata dei First di Mesadale. È un valore de “La 19a moglie” di David Ebershoff.
La vita tra decine e decine di fratelli e sorelle, ad esempio. Ai più piccoli non ci si affeziona in una famiglia così numerosa - spiega il ragazzo - li si odia perché tolgono spazio; i più grandi li si guarda invece con ammirazione, perché potrebbero sempre concederti un po’ di attenzione.
La 19a moglie
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