La Dimora
- Autore: Michel Layaz
- Categoria: Narrativa Straniera
- Anno di pubblicazione: 2015
Senza troppi mezzi termini, “La Dimora” di Michel Layaz (Edizioni Clichy, 2015) è tra i romanzi più insoliti che vi possa capitare di leggere. La Dimora - è implicito - non c’entra niente con le case infestate (è un romanzo d’autore e non “di genere”) e non c’entra nemmeno con gli ex manicomi o le strutture riabilitative in senso stretto. Già che ci siete abbandonate anche l’idea che potrebbe trattarsi di un edificio di detenzione per minori disagiati. E allora? Allora c’è che la Dimora è piuttosto un luogo di raccordo ontologico, uno snodo per vite difficili. Dentro metafora, la Dimora potrebbe essere perfino un "altrove", una stazione esistenziale come un’altra, una specie di collegio anomalo per adolescenti anomali, ragazzi inidonei a conformarsi al mondo ma - di nuovo - mica pazzi o criminali, forse entrambe le cose ma non in senso canonico. Un mondo nel mondo che gravita intorno alla figura della sua presidentessa-direttrice generale, Madame Vivianne. Insegnanti, inservienti, segretarie, cuoche e i "pensionanti" stessi della Dimora dipendono da lei come i satelliti da un pianeta, se rendo l’idea. Espressioni parcellizzate di una società sbilenca, costantemente in bilico tra smarrimento, slancio, dolcezza e disperazione. Una società alternativa e un po’ scombinata che l’autore descrive dall’interno, con una minuzia da laboratorio per studi scientifici sull’essere umano. Rimestando tra i traumi e i vissuti – tristi, paradossali, eroici, folli, delinquenziali - , per una galleria di ritratti che si impone come affresco personologico, fievole e potentissimo al contempo. Uno specchio rovesciato, una cartina di tornasole dell’irregolarità, dell’inclinazione al deragliamento e poi della ripresa, del disordine interiore e poi della forza di ritrovare la possibile retta via. Un romanzo dalla struttura paradossalmente anti-narrativa, nel senso che la narrazione si frantuma in una miriade di microstorie (micro-eventi). Una corale alla fine e/o all’inizio del viaggio, che Michel Layaz allestisce, peraltro, senza fini reconditi, quasi per il gusto della narrazione (non convenzionale) in sè.
La Dimora
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