La Sicilia dei Micciché. Baroni e briganti, intellettuali e popolo
- Autore: Salvo Micciché e Giuseppe Nativo
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Carocci
- Anno di pubblicazione: 2019
Ciò che sorprende leggendo l’opera di Salvo Micciché e di Giuseppe Nativo, oltre alla scrittura fluida e trasparente, è la competenza storiografica che, in modo accuratamente documentato, presenta la storia di un cognome – quello dei “Micciché” - in un affresco di ampio respiro: la storia della Sicilia dagli arabi all’Ottocento, in particolare.
Non a caso il libro s’intitola La Sicilia dei Micciché. Baroni e briganti, intellettuali e popolo, edito da Carocci editore (2019).
Lungo il tragitto che va dall’etimologia araba del cognome, da Villalba si giunge a Scicli. E vogliamo in proposito riferirci al secolo XVI in cui si staglia il personaggio di don Giuseppe Micciché che si prodigò a favore dello sviluppo della cittadina iblea con rilevanti opere ecclesiastiche.
È con il ritratto di Michele Palmieri di Micciché, figura di prestigio europeo, che si respira la cultura francese. Accurate le notizie biografiche:
Michele, figlio del barone Placido e di donna Rosalia Morillo, emette i suoi primi vagiti il 3 novembre 1779 a Termini Imerese.
A Villalba, al confine delle tre province di Palermo, Agrigento e Caltanissetta, è il feudo della famiglia con il castello, denominato dalla gente del posto “La Robba”.
Benché dominante la figura del padre, Michele trascorre la giovinezza all’insegna della piacevolezza, dando anche prova di una non comune verve letteraria:
Figura poliedrica – viene definito scrittore, poeta, militare, nobile, liberale e carbonaro villalbese -, in lui non sembrano trovare spazio altri interessi che non siano quelli del duello, del gioco, e non ultimo della seduzione.
Affascinante affabulatore che spesso narrava vicende attinenti al mondo castellizio, siamo informati di un suo libro memorialistico Mèmoires d’un touriste.
Lo scritto Penssés et souvenirrs historiques et contemporains, pubblicato a Parigi nel 1830 poco dopo la rivoluzione di luglio, piacque a Stendhal, che attribuì a Michele il merito di avergli fornito:
I dettagli più originali e più veri su Napoli e la Sicilia.
L’attenzione è rivolta al libro di memorie Moeurs de la Cour et des Peuples des Deux Sicilies, stampato a Parigi centottantadue anni fa e scritto in un francese quasi impeccabile: un testo, potremmo dire, che addirittura anticipa pagine di autori come Francesco Lanza e Vitaliano Brancati.
Leonardo Sciascia a proposito di questi due volumi ha scritto:
Libri di memoria straordinariamente interessanti, pieni di vividi ritratti ed aneddoti, di spigliate confessioni, di spregiudicate considerazioni sulle condizioni sociali della Sicilia e sui costumi della corte borbonica.
Le notizie, in parte attinte dal puntuale articolo di Salvatore Ferlita Il barone che sferzò l’aristocrazia (2006), rilevano un passo significativo che mostra la disposizione tipica dell’animo isolano: la lontananza da cui si genera il bisogno del ricordare.
Lontano dalla Sicilia, dunque, a contatto di una società più evoluta, ritorna con la mente agli episodi di rilievo della propria giovinezza e decide di trarne un bilancio, una vera e propria lezione.
Uomo anche di ideali il Palmieri, moralista e sociologo, comunica la sua ideologia, che attirò l’attenzione di Mazzini, in pagine delle sue Excursions politiques annesse al citato Pensés et souvenirs:
Da quando vivo, non odo dire che – “Io son Romano, io son Napoletano, io son Lombardo, io son Piemontese, io son Siciliano” – e mai io son Italiano. - Eh! miei cari compatrioti, sarebbe tempo di finirla. Pensate dunque che un’Italia grande e potente è esistita, e, se piace a Dio, essa potrà rinascere.
Volendo ora tirare qualche conclusione, il libro è ricchissimo di dati non fine a se stessi, ma funzionali ad una ricognizione socio-storica. Impreziosito di un apparato iconografico, dispone di un’aggiornata bibliografia e fa scoprire un tempo lungo, i cui personaggi, a volte retrivi talora filantropi, hanno caratterizzato il volto dell’Isola. Specificamente, e l’ha osservato Sciascia in contrasto con la tesi del Gentile su una Sicilia sequestrata, va allineata la cultura siciliana con quella francese, collegamento fruttuoso e intenso:
Da Tommaso Campailla a Francesco Paolo Di Blasi, dal marchese di Villabianca a Tomasi di Lampedusa, da Giovanni Meli a Lucio Piccolo.
Così il riferimento alla famiglia dei Micciché dà l’input per una conoscenza più ampia. E la Sicilia si delinea anche in tutta la sua modernità.
La Sicilia dei Miccichè. Baroni e briganti, intellettuali e popolo
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