La battaglia della Bainsizza e la crisi dell’autunno 1917
- Autore: Roberto Bencivenga
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2017
Un capolavoro, un’architrave della storiografia della Grande Guerra: gli studi e i relativi volumi del generale Roberto Bencivenga, sulle fasi chiave del primo conflitto mondiale “alla fronte italiana”. Cinque saggi critici sulla nostra guerra ristampati dall’editore Gaspari. La battaglia della Bainsizza e la crisi dell’autunno 1917 è l’ultimo in ordine di tempo redatto dall’alto ufficiale romano, testimone diretto delle decisioni e degli eventi.
È un libro di ampio formato, 21x26 cm, col caratteristico fitto corredo di foto a colori e b/n, cartine e disegni della collana La storia raccontata e illustrata, pubblicato nel 2017 (curatori Paolo Gaspari e Roberto Bencivenga jr., 208 pagine) dal marchio udinese colonna portante dell’editoria italiana specializzata in temi bellici, soprattutto della prima guerra del Novecento.
La “Grande Guerra”: 1914-18 per il mondo, 1915-18 per gli italiani. Aprimmo le ostilità contro l’impero austro-ungarico solo il 24 maggio 1915, in compenso anche per noi cessò l’11 novembre 1918, come per i principali contendenti in Europa.
Il 4 novembre è infatti la data dell’armistizio con Vienna, ma l’Italia restava impegnata con gli alleati dell’Intesa contro la Germania e l’Austria era obbligata dall’armistizio di Villa Giusti a lasciare transito libero alle truppe italiane inviate ad aprire un fronte al confine bavarese. Sicché, la giornata del 4 celebra indubbiamente la vittoria, eppure non segna l’uscita dalla Prima guerra mondiale. Sarebbe anche tempo di cominciare a chiarirlo. Ne va della dignità nazionale di alleato a pieno titolo degli anglo-francesi: la nostra non era una guerra parallela, ma la stessa di Haig e Joffre, di Ludendorff e Hindenburg.
Dei saggi del generale Bencivenga, quello sulla Bainsizza, completato nel 1938, è il più documentato e informato, fa presente l’editore Paolo Gaspari nel paragrafo finale di questa pubblicazione, realizzata in collaborazione con l’Ufficio storico dello Stato Maggiore Esercito e il Museo centrale del Risorgimento di Roma per l’iconografia.
Un libro complesso, al quale i curatori hanno voluto affiancare testi come la prefazione magistrale di Piero Pieri e il contributo del prof. Luciano Zani, sulla struttura del Comando supremo e la personalità dell’autore.
Roberto Bencivenga (Roma 1872-1948), alto ufficiale, giornalista e saggista storico-politico, ha rivestito un incarico prestigioso di Stato Maggiore a Udine, da cui venne rimosso nell’agosto 1917 per gravi contrasti con Cadorna. Subì perfino gli arresti in fortezza ma Diaz lo riabilitò e lo inviò a comandare (bene) reparti al fronte. Antifascista fin dal primo dopoguerra, subì il confino a Ustica e Ponza, dove scrisse in due anni i saggi più importanti di strategia militare della guerra. Dopo l’8 settembre 1943, ebbe un ruolo nel CNL e venne eletto nell’Assemblea Costituente. Al decesso, era senatore nella prima legislatura repubblicana.
Questo suo lavoro, in particolare, non si concentra solo sull’offensiva nell’altopiano sloveno, prende in esame anche il prima e il dopo, compresa la sorpresa tattica austroungarica di Flondar nella X battaglia dell’Isonzo: l’efficace controffensiva locale dopo i nostri successi, che avrebbe dovuto insegnarci molto sulle tattiche nemiche in evoluzione, sublimate nell’ulteriore tragica sorpresa di Caporetto, di lì a qualche mese.
Quanto alle tattiche italiane, è illuminante quanto scrive Pieri, valutazioni non inedite, ma mai tanto lucidamente esposte e di facile comprensione per i lettori.
Fin dalla neutralità, Bencivenga svolse il delicatissimo ufficio di Capo della segreteria del Comando supremo, alla testa del reparto operazioni e poco meno che sottocapo di Stato Maggiore. Le sue doti e la posizione gli consentirono di conoscere molto delle cose militari italiane.
In questo volume si occupa delle grandi operazioni del 1917, le due battaglie sull’lsonzo che portarono alla presa dei monti Kuk, Vodice e della Bainsizza, con l’intermezzo doloroso dell’Ortigara, sugli Altipiani. Tutte azioni offensive ispirate da uno scopo difensivo: occupare linee da sostenere con sicurezza, in un possibile urto nemico. Non sembrava pensabile invece una penetrazione profonda, ostacolata da ancora altre (e altre e altre) montagne in Slovenia.
Le difese austriache, arroccate su posizioni formidabili, minacciavano sul fianco le truppe avanzanti sulla direttrice Gorizia-Lubiana e l’operazione si complicava ancora più rispetto al canovaccio seguito dagli italiani fino ad allora: si cercava la manovra, ma in una prima fase non si poteva evitare ovunque l’urto frontale dispendiosissimo. Pieri osserva che, contrariamente all’opinione diffusa, Cadorna non si faceva illusioni sulla rottura. Aveva chiari i limiti della guerra di posizione. Se l’assalitore, pur superate le prime linee avversarie con l’appoggio di potenti artiglierie, non consegue uno sfondamento ampio e travolgente (come a Gorizia nell’agosto 1916), si trova privo del sostegno delle batterie ed esposto alle avversarie. Ogni sforzo per progredire si risolve in un vano e tremendo logorio.
Del resto, l’esperienza non negava la possibilità d’avanzare di primo impeto per alcune migliaia di metri. Così, nel pensiero del capo, una serie di spallate avrebbe dovuto condurre alla meta, dato che gli obiettivi non distavano più di venti o trenta chilometri. Azioni energiche, ma prontamente sospese appena raggiunto il punto critico, per evitare perdite, stanchezza, scoramento nei combattenti e consentire gli avvicendamenti.
Offensive brevi, frequenti e relativamente poco sanguinose, insomma. Ma i comandi d’armata e divisione, legati alle dottrine napoleoniche secondo cui la battaglia veniva decisa dagli ultimi battaglioni freschi lanciati nella mischia, non avevano afferrato il carattere della guerra di trincea e non rinunciavano alla speranza di conseguire esiti migliori all’indomani. In questo modo, ottenevano risultati sempre inferiori ai grandi sacrifici di sangue e al crescente impiego di mezzi.
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