La battaglia della Meloria
- Autore: Ignazio Del Punta
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2015
Meloria: una zona marina di bassifondi a ridosso di Livorno, nemmeno quattro miglia nautiche a ponente. Una secca, attorno alla quale si decisero le sorti del Mediterraneo a fine Duecento. La stella di Amalfi era tramontata da oltre due secoli, ma le altre tre repubbliche marinare brillavano ancora quando vi si combatté il 6 agosto 1284 la grande battaglia in mare tra le flotte di Genova e Pisa. È dedicata a “La battaglia della Meloria” un esauriente ma breve saggio storico di Ignazio Del Punta, pubblicato dalle edizioni cagliaritane Arkadia nel maggio 2015 (pp. 128, euro 12,00).
Si è trattato probabilmente della più grande battaglia navale del medioevo, che lasciò un segno vivo sui contemporanei, per l’entità delle forze in campo, per la violenza dello scontro, per le conseguenze rilevanti e perché in lotta erano due delle tre potenze navali e commerciali italiane dell’epoca, di fatto le maggiori del Mediterraneo. Prima della scoperta dell’America e dello sviluppo marinaro delle nazioni atlantiche, tale primato nel bacino equivaleva alla supremazia europea. Questo per inquadrare nel suo significato
“la più grande battaglia navale del Medioevo, che decise i destini del mare nostrum”
secondo l’autore, nato a Oxford, studente a Londra, Barcellona e Dublino, laurea all’università di Pisa e scuola di perfezionamento in studi storici.
Le cause che portarono Pisa e Genova all’odio mortale, risalgono a tre decenni prima, collocando nello scenario anche Venezia e portano in Terrasanta, alla guerra del 1255-1270 per il possesso del monastero di San Saba, nella città di Acri. Era divampata per il controllo del commercio orientale, tra le Repubbliche di Genova e Venezia, con Pisa alleata della Serenissima. Si estese all’Impero di Nicea, perché col trattato del Ninfeo Genova aveva stretto un’alleanza con l’imperatore bizantino. La Superba subì rovesci navali, eppure uscì rafforzata dal sostegno di Michele VIII Paleologo.
A Oriente, Pisani Genovesi e Veneziani se le diedero di santa ragione, sul mare e sulla terraferma. L’epicentro fu San Giovanni d’Acri, la città più ricca e popolosa della costa siro-palestinese, rimasta la capitale del Regno di Gerusalemme dopo che la Città Santa era stata conquistata dalle armate di Saladino nel 1187. I ripetuti tentativi dei regnanti europei e del papato di riconquistare Gerusalemme, con le Crociate, non erano approdati ad alcun risultato, salvo il permesso, ottenuto in modo incruento dell’imperatore Federico II, di ottenere salvacondotti per i pellegrini cristiani in visita nei Luoghi Santi.
Arrivando alla battaglia della Meloria, la resa dei conti con la più vicina Pisa avvenne quindi nell’agosto 1284 e "fu battaglia tremenda", davanti allo scoglio livornese, con la flotta pisana uscita dall’Arno e schierata lungo la linea di costa, mentre quella genovese aveva il vantaggio di manovrare in mare aperto. Questo consentì ai liguri di adottare uno stratagemma che si rivelò decisivo. Divisero le forze in due gruppi e simularono l’impreparazione allo scontro di quello più arretrato, che ostentava vele ammainate e un atteggiamento passivo.
I pisani vennero indotti a far valere la superiorità numerica serrando sotto alla flottiglia di Iacopo D’Oria, facendosi però sorprendere dal successivo intervento nello scontro delle trenta galee dell’ammiraglio Benedetto Zaccaria, entrato in azione a battaglia avviata. Va detto che qualche storico dell’epoca sostenne che Pisa non abboccò all’esca, ma fu spinta comunque ad una condotta aggressiva dalla frustrazione di una serie di piccole sconfitte precedenti e dalla convinzione di poter contare sui forti che sorgevano lungo i litorali, il cui apporto risultò invece ininfluente.
Si combatté fino a sera. I Pisani subirono la cattura della galea ammiraglia e di quella che ospitava lo stendardo. Tra i trofei di guerra, i genovesi trovarono anche il sigillo del podestà del Comune gigliato, che aveva un’aquila per simbolo.
Quanto alle perdite, si possono stimare in almeno quattromila i morti complessivi, più della metà dei quali pisani. Le fonti più attendibili concordano nell’affondamento di sette galee di Pisa alla Meloria e nella cattura di una trentina di battelli e quasi novemilatrecento prigionieri. Tra loro, quel Rustichello che dividerà il carcere genovese con Marco Polo e lo aiuterà nella stesura del Milione.
Pisa non decadde immediatamente, per diversi motivi, legati anche al contesto storico e politico del resto della penisola, agli interessi di Firenze a sostenere la Repubblica marinara toscana e alla presenza di Carlo d’Angiò nel Sud. Il colpo militare ed economico era destinato comunque a rivelarsi fatale, avviando una lenta ma inesorabile agonia.
La battaglia della Meloria. Il più grande scontro navale del Medioevo
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