La cena di Martin Österdahl

La cena dell’ultimo dell’anno può essere un ottimo momento per far conoscere due coppie di futuri consuoceri; o forse no. Che cosa succede quando si ritrovano ex amici con i quali il rapporto è finito in modo burrascoso e mai chiarito fino in fondo? Questa la miccia che fa scaturire la trama de La cena di Martin Österdahl (Giunti, 2023, traduzione di Sara Rossini).

Una moglie profondamente in crisi e un collega di lei che fa da amico del cuore e occasionale terzo incomodo: niente di eccezionale, oggi come oggi. Un marito pieno di nevrosi che reagisce ai problemi, sia propri che familiari, attaccandosi alle dipendenze: ce ne sono molti. Una ragazzina di 17 anni che crede di avere già incontrato l’amore della vita, e vuole andare oltre: ordinaria amministrazione.
Un ultimo dell’anno colto come occasione per organizzare una cena in casa e fare la conoscenza dei futuri consuoceri: dopotutto, una buona idea.

E invece no. Perché quando Lisa e Mikael, aprendo la porta, si trovano davanti Camilla e Sören, i brutti ricordi di quasi diciotto anni prima tornano, prepotenti, a farsi sentire, conditi da una spessa coltre di imbarazzo da entrambe le parti. Come se non bastasse, Lisa è già nervosissima di suo, da quando il collega Tom le ha comunicato il furto di diversi medicinali antidolorifici e analgesici avvenuto nell’ospizio Maria Regina, dove entrambi lavorano. A un controllo, Lisa ha avuto la brutta sorpresa di scoprire il finestrino della sua auto in mille pezzi, e di non trovarvi più la borsa nella quale teneva la sua tessera di accesso.
Sconvolta dall’idea di essere la causa inconsapevole del furto, e dalla prospettiva di venire incolpata, Lisa si trova di fronte le due persone che né lei né Mikael avrebbero voluto vedere mai più: ma si tratta dei genitori di Marlon, il ragazzo di sua figlia Ebba.

Tocca quindi fare buon viso a cattivo gioco e prepararsi a una serata di sorrisi finti e frasette di circostanza: ci riuscirà?
Non sarà facile per lei, ma neppure per Mikael né per i due ex amici, senza contare che Sören, diciotto anni prima, era oltretutto il medico di Lisa.
Una situazione sul filo del rasoio…

Martin Österdahl, svedese, è principalmente uomo di televisione e attualmente supervisore operativo dell’Eurovision Song Contest.
Dal 2016 è anche scrittore di thriller, e in questa veste ha creato il personaggio di Max Anger, al centro di una fortunata serie televisiva nella sua madre patria. La cena è il suo primo romanzo tradotto in italiano: una storia che si presenta, fin dall’inizio, torbida e cupa, e che avvolge il lettore in uno svolgimento quasi a spirale, stringendosi sempre di più intorno alla sua mente e catturandone attenzione e sensazioni.
Il ritmo lento, le frasi brevi e colloquiali, i capitoli corti, l’attenzione all’azione, sia essa nel presente o in flashback, le descrizioni ridotte all’osso, possono inizialmente richiedere un certo avanzamento nella lettura prima di cominciare davvero a coinvolgere, ma andando avanti si resta catturati dalla tensione crescente della storia, nella quale i personaggi, ben caratterizzati, rivelano pian piano una trama distruttiva che ha segnato e ancora segnerà profondamente le vite di tutti loro.
Non si parla del vile denaro, né di banali storie di tradimenti: sono gli affetti quelli che si vanno a toccare, in un modo imprevisto e imprevedibile con conseguenze devastanti.

Il finale è del tutto agghiacciante, non tanto per la scontata morte di alcuni dei personaggi (del resto già parzialmente rivelata nel prologo), ma per il modo in cui i superstiti porteranno avanti la propria vita, custodendo nel fondo delle loro menti inconfessabili segreti.
Fino a dove è lecito spingersi per preservare l’idea di famiglia?
Ogni lettore se lo chiederà, arrivando all’ultima pagina, e forse non saprà darsi risposta.

Come ogni thriller che si rispetti (Alfred Hitchcock insegna) anche questo ha il suo McGuffin: a voi scoprire di cosa si tratta. Del resto, un romanzo con un piglio così cinematografico, simile a un film nordico dall’atmosfera rarefatta, non potrebbe certo esserne privo.